Sentenza

Nessuno andrà in carcere per la strage del Mottarone. Il Procuratore: “Spero le famiglie comprendano”

Accolte le richieste di patteggiamento. Il Procuratore: "Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore"

Nessuno andrà in carcere per la strage del Mottarone. Il Procuratore: “Spero le famiglie comprendano”

Si è chiuso ieri pomeriggio, giovedì 18 settembre 2025, il processo relativo alla strage della funivia del Mottarone avvenuta il 23 maggio 2021 e dove morirono 14 persone. Unico sopravvissuto il piccolo Eitan già uscito dalla fase giudiziaria.

Strage del Mottarone: la sentenza

Il gup di Verbania Gianni Macchioni  ha accolto le proposte di patteggiamento avanzate dai legali di Luigi NeriniEnrico Perocchio e Gabriele Tadini. Il primo, titolare della Ferrovie del Mottarone,  è stato condannato a 3 anni e 10 mesi di reclusione. Il secondo, allora direttore di esercizio, a 3 anni e 11 mesi e il terzo, all’epoca del disastro capo servizio dell’impianto, con 4 anni e 5 mesi.

Dichiarato invece il non luogo a procedere per Martin Leitner, consigliere delegato dell’omonima società, e per Peter Rabanser, responsabile del customer service. Lo riporta l’Ansa.

Di fatto nessun giorno di carcere per gli imputati: i patteggiamenti delle pene, una volta definitive, consentiranno loro di evitare di finire dietro alle sbarre.

Le cinque vittime del Varesotto

La tragedia aveva toccato direttamente la nostra provincia, e non solo per una questione geografica. Cinque le vittime piante nel Varesotto: la giovane coppia di fidanzati Silvia Malnati, nata a Varese il 7 luglio del 1994 e residente a Varese e Alessandro Merlo, nato a Varese il 13 aprile del 1992 e lì residente e una famiglia di Vedano Olona. A bordo della funivia c’erano infatti anche Vittorio Zorloni, nato a Seregno l’8 settembre del 1966, la compagna Elisabetta Persanini, nata nel 1983 e il loro piccolo figlio di 5 anni, deceduto dopo essere stato trasportato a Torino.  Vittorio ed Elisabetta si sarebbero dovuti sposare  il 24 giugno di quell’anno.

Le parole del Procuratore

“Questo risultato non è il migliore, ma è una soluzione complessivamente adeguata. Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore. Non devono pensare all’entità della pena, ma che questo patteggiamento rappresenta un accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo anche la persona offesa può prenderlo in considerazione per provare a girare pagina nel limite di quanto umanamente possibile” ha detto ai giornalisti il procuratore di Verbania, Alessandro Pepè”.