Test sierologici al via ma i dubbi non mancano, anche sulle scelte fatte dalla Regione
Niente screening di massa ma a campione, nè capacità di stabilire l'infettività. Ma soprattutto, i dubbi sull'accordo tra San Matteo e DiaSorin e la decisione della Regione di vietare altri test anche se validati dalle autorità sanitarie.
Sono iniziati ieri i primi test sierologici sulla popolazione delle zone più colpite dall'epidemia ma ci sono molti punti oscuri sia sull'obbiettivo dei test sia sulle modalità con cui Regione li ha scelti.
Test sierologici, a che servono?
Fino a qualche giorno fa, l'obbiettivo era chiaro: test sierologici sulla popolazione lombarda per capire chi avesse contratto il virus, chi fosse ancora infettivo e rilasciare eventuali "patenti di immunità". Già 24 ore dopo l'avvio dei primi esami però due di questi obbiettivi sarebbero irraggiungibili. O per lo meno, non raggiungibili con i test sierologici.
Per capire meglio serve fare un passo indietro: a differenza del tampone rino-faringeo che rileva la presenza del virus nel soggetto esaminato, il test sierologico permette di verificare la presenza di anticorpi specifici che ne impedirebbero la replicazione all'interno dell'organismo. Quindi chi dovesse risultare positivo al test sierologico il virus lo ha contratto da almeno 2 settimane, il tempo necessario, in genere, allo sviluppo di anticorpi.
L'infettività
Riguardo l'infettività o meno di un soggetto, il test sierologico non dà risposte. Questo perchè in tutti i pazienti, asintomatici, sintomatici e anche in chi ha sconfitto l'infezione, c'è una risposta immunitaria. Come ha ricordato stamattina l'infettivologo Massimo Galli, la "Corte di Cassazione riguardo l'infettività del soggetto" è rappresentata dal tampone: per questo dopo la dimissione e un periodo di quarantena ne vengono effettuati 2: se sono entrambi negativi, il paziente non è più infettivo perchè, semplificando, non ha più con sè il virus.
Il patentino di immunità
Ma chi è guarito può riammalarsi? Questo è fondamentale per capire la possibilità o meno di raggiungere un'immunità di gregge e per rilasciare i cosiddetti "patentini d'immunità", che certificherebbero oltre alla non infettività l'assenza di rischio di essere infettati. La questione è ancora aperta nel mondo scientifico. Al momento non si sa se ed eventualmente per quanto tempo chi ha sconfitto il virus sia al riparo da una seconda infezione. Quindi, anche l'esito positivo del test sierologico (che rileva quindi la presenza di anticorpi) potrebbe non significare che non si può contrarre il coronavirus una seconda volta.
Screening di massa? No
Però con i test rapidi sapremo tutti se siamo entrati in contatto o no col virus. No. Anche nelle zone in cui lo screening è iniziato infatti si prevede l'analisi di alcune decine di migliaia di persone ma non tutta la popolazione, 40mila ad esempio sull'intera popolazione della provincia di Bergamo, che di abitanti ne conta oltre un milione e centomila. Questo non vuol dire che i test sierologici siano inutili, assolutamente. Sono fondamentali per capire quanto il virus sia circolato nella popolazione (indagando "a campione") e certamente potranno aiutare nell'individuare sintomatici e paucisintomatici, se all'esito positivo del test seguirà anche il tampone. Passaggi fondamentali comunque per la Fase 2.
Ombre sulla scelta del test
Quello dell'azienda DiaSorin, di cui abbiamo parlato più volte anche noi, è subito stato indicato dalla Regione e dall'assessore al Welfare Giulio Gallera come "l'unico affidabile" tra quelli sperimentati dal San Matteo di Pavia. Sempre stamattina però Galli ha spiegato che ci sarebbero altri test: "Molti offrono più del 93 per cento di sensibilità e più del 98 per cento di specificità". Test che vengono già effettuati in altre Regioni (come il Veneto) e Paesi, con il benestare delle autorità mediche nazionali e internazionali, ma che in Lombardia la Regione ha deciso di vietare. Test che comunque, come quello DiaSorin, non certificano nessuna immunità o sicurezza di non trasmissione del coronavirus.
Ricorso al Tar
Ora, il divieto di usare altri test: Circa un mese fa la Regione aveva indicato il test oggi applicato (che allora era ancora in fase di studio) come l'unico affidabile e da utilizzare sul territorio lombardo. Una decisione che di fatto ha chiuso il mercato per tante altre aziende, anche lombarde, rimaste "tagliate fuori".
Tra queste, come ricorda l'articolo di Prima Bergamo, la lodigiana Technogenetics che infatti ha fatto ricorso al Tar e poi anche al Consiglio di Stato. E il Tar il 22 aprile si è espresso, rilevando tra le altre cose che "l’accordo quadro stipulato tra la Fondazione (San Matteo di Pavia, ndr) e Diasorin non sembra esaurirsi in un puro accordo di collaborazione scientifica, ma presentare contenuti sinallagmatici con precisi vantaggi economici e conseguente valore di mercato sottratto al confronto concorrenziale", che l'accordo non sembrava finalizzato "alla valutazione clinica di un dispositivo diagnostico già pronto, ma all’elaborazione di nuovi test molecolari e sierologici per la diagnosi di infezione da SARS-Cov-2, sulla base di un prototipo Diasorin di imprecisata consistenza", e decidendo di non accogliere la richiesta di sospensione dell'accordo con DiaSorin ma di riunirsi il 13 maggio dal momento che "le doglianze formulate (…) sembrano presentare profili sostanziali, meritevoli di approfondimento in sede collegiale".
Un accordo, quello tra San Matteo e DiaSorin, che tra l'altro prevede anche il riconoscimento per la prima di una percentuale su tutte le future vendite dei test.
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Il "bando riparatore" della Regione
Dopo la presentazione dell'istanza al Tar, la Regione ha cercato di riparare il 20 aprile con un bando di gara (che si chiude oggi, 24 aprile) per trovare i migliori test sierologici sul coronavirus. Ricerca che, a sentir Gallera e le comunicazioni di Regione, sembrava esser già stata fatta circa un mese fa. Un passo indietro che però è tardivo: i test sono iniziati dato che il Tar non ha sospeso nulla (e per questo la Technogenetics ha presentato ricorso anche al Consiglio di Stato), ed è difficile credere che le analisi avviate saranno fermate se si dovesse individuare un nuovo test.