Lettera

Il j'accuse dei medici chirurghi e degli odontoiatri a Fontana e Gallera

L'Ordine indica alcune delle cause che hanno portato a una "situazione disastrosa"

Il j'accuse dei medici chirurghi e degli odontoiatri a Fontana e Gallera
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L'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri ha inviato una pesante lettera al Presidente della Regione Attilio Fontana e all'assessore al Welfare Giulio Gallera, indicando 7 errori che hanno portato al disastro nella gestione dell'emergenza.

Medici chirurghi e odontoiatri: "Evidente l'assenza di strategie nella gestione del territorio"

Che vi siano stati errori e passi falsi nella gestione dell'emergenza coronavirus in Lombardia è sempre più evidente. L'ammissione arrivata ieri da parte dell'assessore Giulio Gallera, che ha dichiarato che sì, Regione avrebbe potuto circoscrivere le zone della Bergamasca come "zone rosse" senza attendere o sperare nell'intervento del Governo, ne è solo l'ultimo esempio. Ma non è l'unico: l'aver concentrato gli interventi contro l'epidemia negli ospedali ha portato questi a diventare i principali luoghi di contagio e chi vi lavora ad esserne veicoli e, purtroppo, vittime. Ed è proprio guardando alle scelte fatte dai vertici regionali che l'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri ha inviato una lettera a Fontana e Gallera, rimarcando i passi falsi fatti, le loro conseguenze e indicando alcune iniziative da intraprendere per "limitare i danni".

I 7 errori

A titolo d'esempio ("non esaustivo", precisano), l'Ordine indica sette errori commessi:

  1. Mancanza di dati sull'esatta diffusione dell'epidemia, facendo tamponi solo ai ricoverati in ospedale e conteggiando solo i decessi nelle strutture ospedaliere: "I dati sono sempre stati presentati come 'numero degli infetti' e come 'numero dei deceduti' e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati". Insomma, l'elevata mortalità italiana arriverebbe da qui: "Si tratta solo dell'errata impostazione nella raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti".
  2. Incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio.
  3. Gestione confusa di realtà come le RSA e dei centri diurni per anziani, "che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 moerti su 6000 ospiti in un mese)
  4. Mancata fornitura di dpi ai medici del territorio e al personale sanitario: "Questo ha portato alla morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fase dell'epidemia"
  5. La "pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc...).
  6. La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio "e in alcune realtà delle strutture sanitarie ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio".
  7. Il mancato governo del territorio, che avrebbe portato alla saturazione dei posti letto negli ospedali "con la necessità di trattenere sul territorio apzienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero".

"Situazione disastrosa"

Questi errori avrebbero quindi portato alla "situazione disastrosa" che si vede in Lombardia, con 51.534 casi positivi totali e 9.202 decessi. Una situazione che, continuano dall'Ordine, "può essere in larga parte attribuita all'interpretazione della situazione solo nel senso di un'emergenza intensivologica quando in realtà si trattava di un'emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate dalla nostra Regione".

"Difficile da recuperare ma si possono limitare i danni"

Una situazione che è ormai "difficile da recuperare" continuano i medici. Ma i danni si possono limitare. E in quest'ottica, la lettera contiene anche delle indicazioni: test rapidi immunologici (validati ieri dal San Matteo di Pavia) e tamponi in caso di esito positivo. Se anche l'esito del tampone fosse positivo in assenza di sintomi "valutare la possibilità di un'attività solo in ambiente Covid, sempre con protezioni individuali adeguate"; estesa effettuazione di test rapidi immunologici anche guori dalle professioni sanitarie per individuare chi non è entrato in contatto col virus e riavviarlo al lavoro, e tamponi per chi invece risulta positivo e ripresa del lavoro subordinata ai test immunologici dato che non si sa ancora quanto debba durare per essere efficace la quarantena post malattia.

"Ripresa graduale"

Infine i medici fanno notare come non ci potrà essere una sorta di "giorno zero", di fine dell'emergenza e ritorno dalla normalità:

"La ripresa potrà essere solo graduale, prudente e con tempi dettati dalla necessità di mettere in campo le risorse necessarie. Qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare".

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