Centri estetici chiusi: la zona rossa fa rima con abusivismo
Qui mascherine e sanificazioni erano obbligatorie già prima dell'emergenza. Secondo l'associazione di categoria, l'unico effetto della chiusura è la proliferazione degli abusivi
Con il Dpcm 14 gennaio 2021 e con il ritorno della Lombardia nella fascia di contenimento del virus della “zona rossa” a partire dal 17 gennaio, i centri estetici abbassano nuovamente le serrande e annullano gli appuntamenti in calendario. Col risultato però di alimentare l'esercito di abusivi, come già nel primo lockdown.
Centri estetici chiusi, lavorano solo gli abusivi
Capelli sì, ceretta e unghie no. In negozio, perchè tanto chi fa servizio a domicilio, abusivamente, non manca. Lo si era già rilevato durante il primo lockdown e il problema si ripresenta oggi con la zona rossa che chiudendo i saloni, dove il rispetto delle regole è verificabile e, nel caso mancasse, sanzionabile, finisce col favorire chi lavora nell'ombra senza alcuna possibilità di controlli.
"Una misura alla quale siamo ormai, purtroppo, abituati: scatta la zona rossa e le attività dei servizi per la persona vengono limitate a lavanderie, servizi di pompe funebri e saloni di acconciatura - commenta Brigida Stomaci, Presidente dell'Unione Benessere e Sanità di CNA Lombardia - Una logica del contenimento del virus che vede il centro estetico come luogo poco sicuro, nel quale il rischio di contagio sarebbe più elevato che altrove".
"Scelta politica inadatta a contenere il virus"
Già la chiusura dei saloni con il primo lockdown (all'epoca riguardava anche i parrucchieri) si erano sollevate le proteste dei titolari di centri estetici (e tatuatori), abituati già ben prima del Covid a lavorare con guanti, mascherine e sanificazioni. Se poi mascherine e visiere hanno permesso ai parrucchieri di stare aperti, lo stesso non è ora per i centri estetici. "A distanza di 10 mesi dal primo lockdown – afferma Stomaci – ancora non si è in grado di mettere in discussione una scelta politica che in quest’ultimo periodo appare quanto più inadatta a perseguire lo scopo che si prefigge: il contenimento del virus. La smisurata diffusione del lavoro abusivo è la tragica conseguenza della chiusura dei centri estetici, i cui titolari hanno investito migliaia di euro per garantire la massima sicurezza del cliente".
"Aprire anche in zona rossa"
Dispositivi di protezione obbligatori già prima dell'emergenza, ulteriori interventi contro la diffusione del contagio e lavoro alla luce del sole: i centri estetici chiedono semplicemente di tornare al lavoro come hanno sempre fatto.
"Il settore dei centri estetici è da sempre votato al rispetto delle norme igienico-sanitarie per la tutela dei clienti e nel mese di maggio, in seguito alle riaperture successive al primo lockdown, ha dimostrato tutta la sua professionalità e disponibilità ad elevare ulteriormente i propri standard - afferma Daniele Parolo, Presidente di CNA Lombardia - Così come è stato fatto per i saloni di acconciatura, è il momento che si riconosca la validità di una scelta politica che preveda l’apertura dei centri estetici anche in zona rossa. Auspichiamo che le attività dell’estetica vengano ricomprese nella lista delle attività consentite dell’Allegato 24, dando nuovamente fiducia a chi ha come obiettivo la sicurezza del cliente e non il guadagno in nero con un’attività irregolare".