Verso il voto

Elezioni regionali: l'intervista ad Attilio Fontana

"La sensazione che ho è di estrema positività, al di là delle elezioni, come approccio che i cittadini lombardi hanno guardando il futuro"

Elezioni regionali: l'intervista ad Attilio Fontana
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Appuntamento con la terza intervista ai candidati alla carica di governatore di regione Lombardia fatta dal direttore di Prima Milano Ovest e Prima Monza, Sergio Nicastro al candidato per il centrodestra, l'attuale presidente di Regione, Attilio Fontana. Prima di lui sono state pubblicate le interviste di Letizia Moratti per il Terzo Polo e Mara Ghidorzi di Unione Popolare.

L'intervista a Attilio Fontana

Dal suo sguardo traspare quell’inevitabile stanchezza che non c’entra nulla con i suoi 70 anni, ma che ogni campagna elettorale porta con sé: quando inizia a parlare, però, non tentenna mai.

Presidente, partiamo proprio dall’inizio: come sta andando questa campagna elettorale?

«La sensazione che ho è di estrema positività, al di là delle elezioni, come approccio che i cittadini lombardi hanno guardando il futuro, positività nella consapevolezza che riusciremo a superare i problemi legati ai costi energetici, coscienza che il futuro potrà dare risposte positive e che la Regione sarà sempre la locomotiva di questo Paese e una delle due-tre locomotive d’Europa».

Tralasciando il periodo della pandemia, cosa vuol dire essere presidente di una Regione importante come la Lombardia?

«E’ una cosa estremamente bella. Da un lato riempie d’orgoglio perché ci si rende conto di avere la possibilità di prendere decisioni per una comunità unica, unita da valori quali dedizione al lavoro, capacità, creatività, solidarietà assoluta, coraggio inimmaginabile. E’ una comunità di persone che non si lascia abbattere da nessuna difficoltà o problema e che fa della solidarietà e del cercare di aiutare chi si trova in difficoltà una una caratteristica tipica. Nello stesso tempo è anche difficile perché la Regione Lombardia è uno Stato e il peso non è indifferente. Ma direi che l’orgoglio e la gioia prevalgono su qualsiasi altro sentimento».

Al di là delle scelte prese sulle quali si può dire tutto e il contrario di tutto, umanamente cosa ha voluto dire per lei gestire l’emergenza Covid?

«Dal punto di vista umano è stato estremamente difficile, pesante perché noi abbiamo respirato qui tutto quello che succedeva sul territorio, abbiamo vissuto un senso di impotenza soprattutto all’inizio quando ancora non c’erano le idee chiare su come si dovesse intervenire. E dall’altro lato l’angoscia per una parte politica che cercava di speculare sulla sofferenza della gente. Queste le sensazioni più forti che mi sono portato dietro».

Completi questa frase: la Lombardia è...

«Una comunità coesa che guarda al futuro pensando di riuscire a continuare in un percorso di sviluppo, introducendo i principi della sostenibilità, di una maggiore connettività e di una grande solidarietà».

Un sindaco brianzolo del Centrosinistra mi ha detto che l’aveva conosciuta come presidente dell’Anci, apprezzandone un piglio e una risolutezza che, però, non ha più visto in lei da presidente della Regione.

«Credo che non sia cambiato il mio atteggiamento, io ho sempre avuto il coraggio di combattere quando c’erano da fare delle battaglie anche piuttosto pesanti, anche contro il Governo del Centrodestra, quindi non mi tiro indietro. Ma ci sono anche dei momenti in cui questi atteggiamenti non servono a niente. Durante l’epidemia eravamo tutti concentrati per cercare di individuare quale fosse la soluzione più giusta da adottare perché non sapevamo niente, da Roma non arrivavano indicazioni, la scienza era divisa tra chi diceva che era meno di un’influenza e chi diceva che sarebbe finita l’umanità. Era anche un periodo in cui la risolutezza era difficile da poter realizzare».

Lei crede nei sondaggi?

«Io credo che sia meglio essere davanti che dietro, ma non ritengo che i sondaggi siano così determinanti».

Di questi cinque anni c’è un progetto, una idea, un’opera di cui va particolarmente orgoglioso?

«Sicuramente il Piano Lombardia che ha contribuito a far uscire la Regione dalla crisi scaturita dopo la prima ondata del Covid. Sono stati identificati 8mila cantieri, 5.600 già aperti e 2mila già conclusi. In questo modo abbiamo dato aiuto a certi comparti e profuso ottimismo al mondo produttivo che non si è sentito abbandonato e ha così pensato che ce la poteva fare perché le Istituzioni erano dalla sua parte. Questa operazione ha contribuito a produrre un aumento dello 0,8% di Pil e generare 30mila posti di lavoro. E poi la campagna vaccinale che il dottor Bertolaso ha saputo svolgere con grande capacità: oggi c’è ancora il Covid, ma grazie alla campagna vaccinale non è più quel dramma che era nel 2020».

Lei ritiene che si debba rimettere testa e cuore al discorso sanitario, con l’emergenza più impellente legata ai medici di base?

«Assolutamente perché sono state fatte programmazioni sbagliate da parte dei Governi che si sono succediti e ora in Lombardia e in tutta Italia siamo in una situazione di deficit. Bisogna cercare di fare qualcosa che vada a tappare questa falla e bisogna farlo subito. Poi bisogna fare in modo che si dia più autonomia perché se lo fossimo saremmo anche più attrattivi, potremmo dare più soldi ai medici di medicina generale che si debbano occupare di zone più disagiate, si potrebbe dare un’organizzazione più efficiente. Con l’autonomia parzialmente, perché senza i medici i miracoli non li fa nessuno, potremmo riuscire a risolvere alcune delle problematiche attuali più gravi».

Nel caso in cui venisse confermato governatore, è «preoccupato» per il possibile nuovo Consiglio regionale con un possibile strapotere di Fdi?

«Credo che la cosa non comporterà alcuna problematica perché così è stato con un altro partito che aveva la preponderanza di voti in questi primi cinque anni e noi abbiamo sempre condiviso tutto. Ci siamo sempre incontrati e confrontati, le scelte le abbiamo prese in modo collegiale. Non c’è mai stata una idea che per il fatto che provenisse da un partito diventava quella giusta. Abbiamo ascoltato chi aveva la rappresentanza di un consigliere e chi ne aveva 29. E poi abbiamo fatto la sintesi. Penso che lo stesso sistema continuerà proprio perché l’ho introdotto io e continuerò a portarlo avanti».

Proiettiamoci al 2028, lei ha concluso il suo secondo mandato, che Lombardia lascia?

«Una Lombardia più connessa, sostenibile, più solidale, una Lombardia che continua a mantenere e incrementare le eccellenze in tante graduatorie. Sarà una Lombardia in cui sarà notevolmente aumentato il turismo e che attraverso la sostenibilità avrà migliorato tante produzioni».

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