Industria

Tra Como e Varese 870 imprese metalmeccaniche hanno chiesto la cassa integrazione per l'emergenza coronavirus

Lo comunica la Fim Cisl Lombardia. Oltre 7mila quelle in Lombardia.

Tra Como e Varese 870 imprese metalmeccaniche hanno chiesto la cassa integrazione per l'emergenza coronavirus
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Sono 870 le imprese metalmeccaniche che hanno richiesto la cassa integrazione nelle province di Varese e Como. Lo comunica la Fim Cisl Lombardia. Oltre 7mila quelle in Lombardia.

Metalmeccanici: 870 imprese hanno chiesto la cassa integrazione

Continuano ad arrivare senza sosta alle organizzazioni sindacali le richieste di cassa integrazione da parte delle imprese metalmeccaniche che, a oggi, coinvolgono oltre 200.000 metalmeccanici. Tutte le province sono coinvolte in misura importante rispetto al totale degli addetti. Nelle province di Como e Varese sono 870 le aziende che hanno fatto richiesta della cassa per un totale di 29.661 lavoratori coinvolti.

Di seguito la tabella redatta dalla Fim Cisl Lombardia che elenca, provincia per provincia, le richieste:

Territorio

Richieste cassa

Lavoratori coinvolti

Bergamo
809
34946
Brescia
1088
43279
Monza Brianza Lecco
1342
41707
Milano
2319
33085
Laghi (Como e Varese)
870
29661
Asse del Po (Cremona e Mantova)
336
13182
Pavia Lodi
282
5863
Sondrio
107
2000
Totale
7153
203723

I sindacati: “Le imprese anticipino l trattamento economico”

"Siamo impegnati a incalzare le imprese affinché anticipino il trattamento economico di cassa integrazione per garantire continuità di reddito alle persone. Ecco perché i politici che speculano sul ruolo del sindacato, in realtà, fanno un danno ai lavoratori e all’economia – afferma Andrea Donegà, segretario generale Fim Cisl Lombardia. Con questi numeri, se consideriamo che il tasso di assenza per malattie si è ovviamente alzato, che molte aziende hanno programmato ferie e che tanti lavoratori sono in smart working, possiamo dire che la direzione intrapresa è quella che Cgil, Cisl e Uil in Lombardia hanno sostenuto già da tempo: fermare le attività produttive non essenziali per limitare al massimo gli spostamenti delle persone e, quindi, le occasioni di contagio, mettendo in sicurezza il nostro sistema sanitario e impegnandoci a difendere la vita e la salute delle persone prima di qualsiasi altro interesse".

“Continueremo a presidiare i luoghi di lavoro”

"Nel frattempo – conclude Donegà – continueremo a presidiare tutti i luoghi di lavoro per fare applicare il protocollo firmato da Cgil, Cisl, Uil, parti datoriali, con la regia del Governo, per garantire il rispetto della salute e della sicurezza di tutti quei lavoratori che dovranno andare in azienda".

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