Violenze contro gli operatori sanitari: capire il perchè per prevenire le aggressioni
Questione anche di personale: nei reparti con maggiore carenze aggressioni più frequenti
Presentati i risultati del progetto del Centro EPIMED dell'Insubria che si è chiesto quali siano le cause delle violenze contro gli operatori sanitari. Partner del peogetto l'Asst Sette Laghi, l'Asst Lariana e Ats Insubria.
Violenze contro gli operatori sanitari: capire per prevenire
Il fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Questo è quanto emerge dalle numerose indagini elaborate negli ultimi anni da centri di ricerca specializzati. Tuttavia, gli studi che ne stimano la frequenza si basano prevalentemente su campioni di operatori considerati ad alto rischio, e sono quindi difficilmente in grado di dare indicazioni valide per l’intera popolazione. Inoltre, le informazioni disponibili dai registri di notifica degli atti di violenza sono spesso eterogenee e poco adatte a descriverne le cause.
Dall’esigenza di colmare il gap conoscitivo e di implementare le Linee Guida regionali per la valutazione dei fattori determinanti, il Centro Ricerche in EPIdemiologia e MEDicina preventiva (EPIMED) dell’Università degli Studi dell’Insubria ha coordinato il progetto “Valutazione dei determinanti principali delle violenze in due aziende socio-sanitarie territoriali lombarde, per una efficace prevenzione” (DeVOS), finanziato da Inail. Partner operativi del progetto sono state: ASST Sette Laghi di Varese, ASST Lariana di Como e ATS Insubria. I risultati sono stati presentati in un convegno dedicato lo scorso 18 novembre, presso l’auditorium Ospedale Sant’Anna a San Fermo della Battaglia (CO), e qui riportati nei loro tratti peculiari.
Le fasi del progetto
“Il progetto si è articolato in diverse fasi. In un primo momento sono stati mappati gli agiti violenti occorsi nelle strutture partecipanti tra il 2015 e il 2020, periodo antecedente all’inizio del progetto stesso”, spiega Marco Ferrario, Senior Professor di Medicina del Lavoro presso il Centro Ricerche EPIMED e ideatore del progetto. “Quindi è stato definito un nuovo standard per la segnalazione e il monitoraggio degli eventi, dalla scheda di incident reporting all’analisi di secondo livello, e contestualmente è stata implementata una piattaforma web per la raccolta centralizzata ed integrata dei dati. Infine, dopo un capillare coinvolgimento delle strutture coinvolte, questa nuova procedura è stata applicata alle ASST partecipanti”.
Ripercussioni fisiche e psicologiche
Dall’introduzione del nuovo sistema di incident reporting, maggiormente esaustivo riguardo le informazioni relative all’episodio aggressivo, le segnalazioni avvengono in tempi più rapidi rispetto al passato. “La metà delle segnalazioni avviene entro un giorno dall’evento stesso”, spiega la Dott.ssa Rossana Borchini, medico del lavoro di ASST Lariana. “Vi è una maggiore tendenza da parte degli operatori a riconoscere le molteplici forme di violenza di cui un evento si compone: ad esempio, nell’85% delle violenze verbali è riconosciuta anche una componente fisica o di minacce, molestie e intimidazioni. Meno di 1 episodio su 10 viene segnalato ad INAIL o all’autorità giudiziaria, indice che gli operatori ci notificano anche gli eventi che non comportano conseguenze dal punto di vista infortunistico. Tuttavia, un terzo degli operatori aggrediti riferisce ripercussioni a livello psicologico. Infine, tenendo conto che la maggior parte degli operatori sanitari è donna, i nostri dati non evidenziano un maggior rischio di aggressione nelle donne rispetto agli uomini”.
Poco personale, più aggressioni
Guardando ai fattori determinanti, un ruolo importante è attribuito ai fattori organizzativi, quali stress lavoro-correlato, carenza di personale e carico di lavoro. “Il 30% degli aggrediti riconosce nel fattore organizzativo uno dei fattori agevolanti l’aggressione”, prosegue Rossana Borchini.
“Le analisi indicano chiaramente come i reparti dove si osservano il maggior numero di agiti aggressivi siano quelli caratterizzati da maggiore turn-over e down-sizing di personale. Questi aspetti organizzativi necessitano quindi di una particolare attenzione per programmare efficaci interventi di prevenzione”.
Come parte del sistema integrato di segnalazione, a ciascun lavoratore coinvolto in un agito violento è stato proposto di aderire ad una breve intervista con la Dott.ssa Lisa Cimmino, psicologa del progetto, al fine di identificare l’impatto dell’agito sull’operatore e le cause profonde dell’agito stesso. “La partecipazione degli operatori sanitari a questa fase di analisi è stata pari al 70%. I dati mostrano come alcuni fattori organizzativi svolgono un ruolo significativo nel modulare la severità dell’impatto psicologico degli agiti aggressivi nel breve, medio e lungo termine. E questo è particolarmente riscontrabile in reparti ad alto rischio quali le psichiatrie e i pronto soccorso”.
Una piattaforma per raccogliere dati e segnalazioni
Tra i prodotti del progetto vi è la realizzazione di una piattaforma web di raccolta e gestione dei dati.
“La piattaforma è un importante strumento metodologico a supporto del nostro progetto - spiega Giovanni Veronesi, professore associato di Statistica Medica presso il Centro Ricerche EPIMED e responsabile scientifico del progetto DeVOS - Questa permette la gestione complessiva degli eventi, dalla loro notifica all’analisi delle cause, attraverso la registrazione standardizzata dei dati da parte degli operatori coinvolti nelle diverse fasi (risk manager, psicologo, ecc.). Il tutto nel rispetto della privacy e dei protocolli di protezione dei dati personali. Inoltre, la sua flessibilità ne consente un rapido adeguamento alle diverse realtà aziendali sanitarie”.