Varese

Spaccio a Varese, chiusa l'operazione "San Fermo 2": 9 arresti nella rete di pusher del quartiere

Mogli, figli e cognati coinvolti nelle attività illecite, che continuavano anche quando i mariti finivano in carcere. Utilizzati anche minorenni per vendere e riscuotere

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Stamattina, venerdì  gennaio, la Squadra Mobile ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Varese su richiesta della locale Procura della Repubblica, che ha disposto la custodia cautelare nei confronti di 9 soggetti e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altre 4 persone, a conclusione dell'operazione "San Fermo 2" contro lo spaccio nell'omonimo quartiere di Varese.

Spaccio a Varese, gli arresti di "San Fermo 2"

I destinatari sono tutti soggetti italiani, con precedenti per svariati reati. Sono stati altresì eseguiti 9 decreti di perquisizione personale e locale con l’ausilio dell’unità cinofila della Guardia di Finanza di Malpensa che hanno portato al sequestro di circa 100 grammi di sostanza stupefacente, rinvenuta all’interno di due abitazioni.

Due anni di indagini, famiglie in affari

L’indagine, partita nel 2018, ha consentito di identificare una ventina di soggetti che avevano un ruolo di primo piano nello spaccio di stupefacenti nel quartiere San Fermo di Varese. Fra costoro, anche tre donne, mogli o figlie di soggetti attivamente impegnati nel traffico di stupefacenti, le quali hanno affiancato i loro congiunti nell’attività illecita, o li hanno sostituiti quando sono finiti in carcere.

È il caso di C. A., originario della Calabria, cinquantenne, che, su disposizione del Tribunale di Sorveglianza è finito in carcere nel settembre del 2018 perché, mentre si trovava in detenzione domiciliare (per scontare una condanna definitiva per armi, ricettazione e droga) nel corso di un controllo era stato sorpreso a detenere sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La sua carcerazione non gli ha impedito di proseguire nell’illecita attività, portata avanti dalla moglie, G. L. 49enne, dalla figlia C. R. G., 23enne, e dal cognato G. D., 51enne, che ricevevano direttive dal carcere da parte del loro congiunto.

Vendita e "recupero crediti"

Le direttive riguardavano anche la riscossione dei crediti maturati nei confronti di clienti che non avevano ancora pagato pregresse forniture di droga. Ed è proprio da un debito non onorato che è partita l’indagine. Infatti, un giorno del mese di agosto del 2018 una Volante impegnata nell’attività di controllo del territorio si imbatté in un cittadino italiano 40enne, che presentava il volto tumefatto e sporco di sangue, e che riferì di essere stato picchiato poco prima nel quartiere San Fermo a casa di un uomo in regime di detenzione domiciliare, perché debitore nei suoi confronti di più di 1.000 euro per pregresse cessioni di cocaina.

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L’uomo era così impaurito dai soggetti che lo avevano aggredito che, oltre a non voler formalizzare una denuncia nei loro confronti, si rifiutò di recarsi in pronto soccorso per le cure del caso, manifestando contestualmente l’intenzione di contattare nei giorni successivi i suoi aggressori al fine di saldare in qualche modo il debito con questi contratto, non appena incassato lo stipendio mensile. Così in effetti fece nei giorni successivi, consegnando i soldi dovuti, ricavati dalla vendita di una moto di sua proprietà.

Il creditore di tale soggetto è stato identificato nell’indicato C. A., che, per intimorire adeguatamente la sua vittima, si era avvalso anche delle prestazioni di M. A., 37enne, che già svolgeva per suo conto il ruolo di spacciatore. L’indagine ha dimostrato che in altri casi i clienti debitori del sodalizio capeggiato da C. A. pagavano le forniture di cocaina con altro stupefacente, in particolare del tipo hashish, reperito da canali autonomi. È il caso di V. C., originario della Calabria, 37enne, che a sua volta nell’attività di spaccio di tale sostanza era sostenuto da una rete di collaboratori famigliari quali la moglie Z. L., 39enne, e dal cognato Z. A., 33enne, il quale nel corso dell’indagine è stato tratto in arresto in quanto trovato in possesso di kg. 1,5 di hashish.

Individuati i fornitori

Sono stati individuati anche i fornitori del sodalizio capeggiato da C. A., dimoranti nel milanese, nei confronti dei quali è stata applicata la custodia cautelare agli arresti domiciliari:  O. A., 54enne originario della Campania e D. C., 58enne originario della Calabria, che fornivano cocaina e E. M., 37enne, che riforniva marijuana.

Per quest’ultimo hanno fatto da tramite i componenti di altra famiglia, padre, madre e due figli, tutti impegnati nell’attività di spaccio di stupefacenti, dimoranti a Brusimpiano. L’accordo criminoso si è addirittura perfezionato in carcere, dove erano contemporaneamente ristretti C. A. e B. K. (23enne, detenuto per rapine), ed ha poi avuto sbocco all’esterno grazie ai colloqui con i familiari, che hanno dato compimento alle determinazioni decise nella casa di reclusione. L’indagine ha monitorato la prima fornitura di tale stupefacente, del peso di gr. 250, che, appena consegnata a C. R. G., figlia di C. A., è stata sottoposta a sequestro.

La ragazza, in particolare, riuscì a conquistarsi nel quartiere un ruolo di primo piano nelle cessioni di hashish, anche sfruttando la connivenza di soggetti abitanti a San Fermo, che le mettevano a disposizione dei locali in cui occultare lo stupefacente rendendone, così, difficile il ritrovamento in caso di controlli da parte della polizia  e utilizzando per lo spaccio e per il recupero del denaro anche minorenni.

Riflettori puntati su San Fermo

All’operazione è stato dato il nome di “San Fermo 2” perché speculare alla precedente “Operazione San Fermo” condotta da questa Squadra Mobile con il coordinamento della Procura di Varese, che nell’anno 2015 portò all’esecuzione di misure cautelari in carcere nei confronti di numerosi soggetti, prevalentemente residenti in quel quartiere. Anche quella indagine era nata dall’attività di controllo del territorio, in quel caso con il sequestro di una dose di cocaina effettuato su strada, che fu spunto grazie al quale si avviò una complessa attività investigativa che evidenziò la presenza sul territorio di una famiglia storica di quel quartiere, interamente dedita allo spaccio di cocaina.

In quella indagine, come nella presente, preme evidenziare che comunque alcuni abitanti del quartiere hanno prestato collaborazione a questo Ufficio, fornendo informazioni utili per lo sviluppo investigativo. Nel corso dell’intera indagine sono stati sequestrati diversi quantitativi di sostanza stupefacente, fra cui kg 1,6 di hashish e gr. 255 di marijuana.

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