Unione Industriali

Presidente Univa: “Cominciamo subito a investire sul lavoro”

"Il momento, dal punto di vista economico è drammatico. Anche sul territorio varesino ciò è testimoniato dai numeri".

Presidente Univa: “Cominciamo subito a investire sul lavoro”
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Il 47% delle imprese associate all’Unione Industriali varesina ha attivato la Cassa Integrazione per Covid-19. “Le misure assistenziali non funzionano. Agire con taglio dell’Irap, riduzione del cuneo fiscale, pagamento dei debiti della PA, riapertura dei cantieri”.

Riceviamo e pubblichiamo la nota del presidente Univa, Roberto Grassi

Il momento, dal punto di vista economico è drammatico. Anche sul territorio varesino ciò è testimoniato dai numeri. Come Unione degli Industriali della Provincia di Varese abbiamo registrato nelle settimane di lockdown, solo all’interno della nostra compagine associativa, 465 attivazioni di Cassa Integrazione legata a Covid 19 per un totale di 30.273 addetti, parliamo del 47% delle imprese associate e del 42% degli addetti in esse impiegati.

Di fronte a questo scenario senza precedenti, non solo la politica non è stata in grado di rispondere con l’auspicata unità nazionale, ora siamo di fronte all’assurdità delle forze di governo che brancolano nel buio delle loro divisioni dettate più dalla ricerca del consenso e da prese di posizioni ideologiche, piuttosto che dalla sostanza dei provvedimenti da adottare. È come se l’epidemia avesse spazzato via tutte le nostre certezze, tranne quelle sui difetti del nostro sistema politico. Sempre gli stessi. Sempre lì a evidenziare i perché della nostra mancanza di competitività.

Avevamo chiesto velocità nel far arrivare liquidità alle imprese e rapidità nelle risorse da mettere a disposizione della Cassa Integrazione per i nostri dipendenti. Non abbiamo avuto né l’una, né l’altra cosa. La burocrazia ancora una volta ha avuto la meglio, con la beffa che, non solo la liquidità ancora tarda ad arrivare, ma la gran parte delle aziende, ferme nella produzione per due mesi, ha dovuto anticipare la cassa integrazione ai propri dipendenti. Ecco un altro esempio di responsabilità sociale di impresa che dovrebbe far riflettere chi ancora oggi pensa di poter rilanciare il Paese con una politica anti-industriale, testimoniata da esempi come l’automatismo di considerare infortunio un lavoratore contagiato - chi sa dove, chi sa in quale ambiente - da Covid-19. Con tutte le responsabilità penali che ciò comporterebbe per i datori di lavoro, oggi più che mai impegnati ad applicare i dettami dei protocolli anti-contagio nelle aziende, nonostante manchino sul mercato gli approvvigionamenti di dispositivi di protezione. Altra promessa rimasta lettera morta che nessuna task-force, nessun commissario straordinario è riuscito a mettere in atto. L’unica cosa che si è riusciti a fare è stata imporre un prezzo di 0,50 euro a mascherina che ha posto fuori mercato tutta quelle nascente filiera del made in Italy che, almeno in parte, poteva rappresentare la soluzione al problema.

Cosa serve ora? Niente proclami. Poche, ma veloci azioni concrete. Basta soldi a pioggia da disperdere in misure assistenziali che non sono in grado di rilanciare l’economia e far riprendere la domanda.

Inutile illudersi: la coperta è corta, tanto vale usare le poche risorse in azioni che realmente possono innescare la ripresa:

  • taglio dell’Irap;
  • abbattimento del costo del lavoro;
  • pagamento alle imprese dei debiti della Pubblica Amministrazione (lo Stato parta da ciò che ci deve);
  • sblocco dei cantieri già dotati di copertura finanziaria per sostenere la domanda pubblica e creare posti di lavoro;
  • sostegno agli investimenti privati attraverso il rilancio del “Piano Industria 4.0”.

Bisogna passare presto da una politica economica emergenziale e assistenziale (peraltro dai dubbi risultati) ad una politica industriale di investimento sul lavoro, sulle imprese e sul futuro.
Dobbiamo creare oggi (subito!) le condizioni per ripagare nei prossimi anni il debito che stiamo facendo per rialzarci.

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