Porto d’armi per legittima difesa, il caso dell’imprenditore della Valcamonica
Aveva chiesto il porto d'armi per legittima difesa dopo aver subito diversi furti, nel 2008 era arrivato il primo "no". Ora ha perso il ricorso: "La sua incolumità non è minacciata"
Non è facile ottenere il porto d’armi, soprattutto se per “legittima difesa”. E’ stata pubblicata ieri la sentenza del Consiglio di Stato riguardo alla richiesta di un imprenditore bresciano (G.A.), titolare di un’azienda con cento addetti a Pian Camuno, nella Valcamonica. A riportare la storia, Brescia Settegiorni.
Il caso
G.A. è titolare di una impresa specializzata in montaggio e manutenzione di impianti industriali. In seguito ai diversi furti subìti, ha deciso di chiedere alla Prefettura di Brescia il rilascio di una licenza di porto d’armi per difesa personale. A giugno 2008 il Prefetto ha respinto l’istanza, ritenendo che non sussisteva il bisogno di andare in giro armato.
Quindi, il ricorso in primo grado di G.A. al TAR Lombardia, Sezione di Brescia, che ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
La conclusione arriva con l’appello in esame, laddove il Ministero dell’Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia respinto. Il Consiglio di Stato ha dato infine ragione al Prefetto.
Incolumità e porto d’armi per legittima difesa
Sono molti i casi in cui la giustizia si esprime su episodi considerati oltre la difesa personale, e il dibattito ultimamente è più fervente che mai. In questo specifico caso il Prefetto, sottoscritto dal Consiglio di Stato, ha ritenuto che la specifica incolumità dell’uomo non fosse minacciata.
Visto che è il prefetto a decidere, il Consiglio di Stato ha ribadito che qui il possesso di armi non è giustificato. L’imprenditore inoltre è stato condannato al pagamento dei costi per i due gradi di giudizio, pari a 1500 euro.
Grimoldi: “Sentenza opposta al buonsenso”
I casi nel bresciano di imprenditori rapinati fanno discutere anche l’On. Paolo Grimoldi, eletto in circoscrizione Lombardia 1, che parla di “una sentenza opposta al buonsenso”.
“Così ad un imprenditore bresciano più volte rapinato viene impedito di munirsi di una pistola per potersi difendere a casa propria da una nuova rapina. Forse i giudici del Consiglio di Stato ignorano che nel bresciano, a Pontoglio, un padre di famiglia tre anni fa è stato massacrato e ucciso in casa propria da rapinatori albanesi e che un anno fa, sempre nel bresciano, a Ghedi, un uomo è stato ridotto in fin di vita sempre dal malviventi penetrati nella sua villa. Per cui meglio lasciare disarmato questo imprenditore e aspettare che subisca una rapina e magari faccia la fine del macellaio di Pontoglio? No grazie, a breve modificheremo le norme sulla legittima difesa perché in casa propria ci si deve poter difendere sempre, senza se e senza ma”.
Tuttavia, per ora nessuno dei cinque progetti di legge in discussione in Parlamento propone di modificare le modalità di rilascio del porto d’armi.