Processo

Omicidio di Malnate, sotto un'unghia della vittima il DNA di Domenichini

In aula, la ricostruzione della dinamica dell'omicidio e i risultati degli esami autoptici sulla vittima

Omicidio di Malnate, sotto un'unghia della vittima il DNA di Domenichini
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La ricostruzione della possibile dinamica dei fatti, i risultati delle analisi autoptiche e la conferma che sotto l'unghia di Carmela Fabozzi sono state trovate tracce di DNA compatibili col profilo dell'imputato per l'omicidio di Malnate avvenuto il 22 luglio dello scorso anno, Sergio Domenichini.

Omicidio di Malnate, la nuova udienza

Nove colpi alla testa, almeno, inferti con un oggetto contundente e la morte sopraggiunta non immediatamente, ma nel giro di pochi minuti. Dopo aver sondato cosa fosse successo nella corte di via San Vito quella mattina, nell’aula bunker del Tribunale di Varese mercoledì lo sguardo si è spostato all’interno dell’appartamento dove Carmela Fabozzi è stata uccisa.

Al banco dei testi i soccorritori intervenuti quella notte e il vicino di casa che per primo era accorso nella casa dopo aver sentito le grida d’aiuto del figlio della donna, il medico legale Cesare Garberi che ha svolto i primi accertamenti e successivamente l’autopsia sul corpo dell’anziana e il maresciallo del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Varese Michela Ruggeri. Sugli schermi, le immagini tremende della scena del delitto che nella mattinata hanno acceso l’ira del figlio, scagliatosi contro l’imputato Sergio Domenichini e fermato dagli agenti della penitenziaria, e quelle crude degli esami autoptici.

La dinamica

Agghiacciante la dinamica ricostruita da quegli elementi: Fabozzi sarebbe stata colpita inizialmente all’ingresso del corridoio che dalla sala porta alle camere e al bagno. Colpi violentissimi al capo, sferrati con un oggetto contundente privo di spigoli vivi (descrizione "non incompatibile", secondo Garberi, col vaso di vetro azzurro trovato sul mobiletto vicino, nella foto di copertina).

Gli schizzi di sangue sulle pareti rivelerebbero una rapida successione di colpi. Poi la caduta, o la spinta, proprio contro il mobiletto e l’impatto tanto forte da farle perdere due denti e un ponte. A quel punto il corpo è stato trascinato tirato dal braccio destro verso il tinello, non senza una possibile resistenza della donna riscontrabile dalla una ciabatta sfilata, dalla traccia di sangue su un tallone, fino al punto da cui non si è più rialzata. Ma era ancora viva, per quanto tramortita. Con ferite profonde e una risultatale fatale, una "frattura a cerniera" alla base del cranio dovuta a una forte compressione contro una superficie solida, con tutta probabilità il pavimento. Per il resto, l’appartamento era pressoché immacolato: solo alcune gocce e tracce di sangue nel bagno e all’ingresso della camera da letto. Sul tavolino in salotto ancora il portafoglio, con 100 euro in due banconote da 50.

Impronte e DNA

Fra gli elementi e le tracce raccolte e analizzate due tazzine da caffè nel lavandino, le impronte digitali sul vaso ritenuto essere l’arma del delitto e anche tracce di dna rinvenute sotto l’unghia dell’indice sinistro della donna, unico segno di un possibile tentativo di difesa dai colpi del suo assassino. Dna che, ha riferito Ruggeri, è risultato essere compatibile col profilo genetico di Domenichini.

Nelle prossime udienze, si andrà ancora più a fondo: nella lista dei testi un altro maresciallo del Nucleo investigativo che ha seguito e condotto le indagini e, nell’appuntamento ancora successivo, gli specialisti dei RIS di Parma.

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