Malnate

Omicidio di Malnate: chiesti ergastolo, isolamento e 420mila euro di risarcimento

La difesa in prima istanza ha chiesto l'assoluzione: "Non è un assassino"

Omicidio di Malnate: chiesti ergastolo, isolamento e 420mila euro di risarcimento
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In aula bunker del tribunale di Varese battute conclusive del processo per l'omicidio di Carmela Fabozzi avvenuto il 22 luglio del 2022 a Malnate: il Pm ha chiesto per l'imputato, Sergio Domenichini, la pena massima.

Omicidio di Malnate, nessuno sconto

Ergastolo e nove mesi di isolamento: questa la richiesta presentata oggi, mercoledì 14 febbraio, dal Pubblico Ministero Valeria Anna Zini alla Corte d’Assise, titolare dell'accusa nei confronti di Sergio Domenichini nell'ambito del processo sull'omicidio della pensionata Carmela Fabozzi. Accusa di omicidio pluriaggravato e rapina, relativamente alle quali il Pm ha chiesto di riconoscere le aggravanti del nesso teleologico (l'omicidio allo scopo di assicurarsi l'impunità per la rapina), i motivi abietti e futili (l'ottenere gioielli e preziosi da rivendere per pagarsi le vacanze a Lignano Sabbiadoro), la crudeltà (per la "particolare efferatezza" dell'omicidio) e la minorata difesa (la vittima era anziana, minuta ed è stata aggredita in un corridoio dove non aveva possibilità di difendersi).

Le richieste della parti civili

Anche gli avvocati delle parti civili, Andrea Boni in rappresentanza di Angelo Casoli, figlio della vittima Angelo Casoli, e Rachele Bianchi in rappresentanza della nipote Martina Casoli, si sono uniti alla richiesta della massima condanna, aggiungendo anche quelle di risarcimenti per 300mila euro il primo e 120mila la seconda.

La difesa chiede l'assoluzione

Richiesta opposta invece da parte del legale difensore di Domenichini, Francesca Cerri, che ne ha chiesto in prima istanza l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Troppi, secondo l'avvocato, gli elementi incerti sia nella ricostruzione dei movimenti di Domenichini la mattina del 22 luglio, sia sui fatti accaduti, ad esempio sul ruolo del vaso in vetro blu come arma del delitto. Elementi che non permetterebbero di sciogliere il "ragionevole dubbio". In aula, Cerri ha ripercorso la ricostruzione dell'imputato della mattinata, riconducendo le tracce trovate nell'appartamento di Fabozzi e collegate a Domenichini (impronte digitali e di scarpe e quelle del DNA) al momento in cui lui, come dichiarato nelle spontanee dichiarazioni nell'ultima udienza, entrando a casa della donna l'aveva trovata a terra già priva di vita in una pozza di sangue, prima di fuggire portando con sè i due cellulari della donna per timore di venir collegato all'omicidio.

La decisione della Corte è ora attesa per il 28 febbraio.

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