E’ il giorno della sentenza per il processo sull’omicidio di Andrea Bossi: la decisione della Corte d’Assise arrivata dopo 6 ore e mezza di camera di consiglio.
Omicidio di Cairate, la sentenza a Busto
Oggi, martedì 16 dicembre, ultimo giorno d’aula nel Tribunale di Busto Arsizio per il processo sull’omicidio del fagnanese Andrea Bossi, ucciso la sera del 26 gennaio 2024 mentre si trovava in casa, a Cairate.
Imputati Douglas Carolo e Michele Caglioni, per i quali la pubblica accusa ha chiesto l’ergastolo per omicidio in concorso, aggravato dalla premeditazione e con isolamento diurno per 18 mesi.
Il processo si era aperto lo scorso marzo. E dopo 9 mesi, resta il dubbio su chi abbia materialmente inferto il colpo letale, una coltellata alla gola, che ha ucciso il 26enne. Un “non chiarito” ininfluente per l’accusa, data l’imputazione per omicidio in concorso, essenziale invece per le difese dei due imputati che hanno chiesto l’assoluzione, ciascuna per il proprio assistito indicando come esecutore e colpevole l’altro.
Le due difese
Per la difesa Carolo, a uccidere Bossi fu Caglioni, in un raptus. Carolo, che aveva una relazione con la vittima (sentimentale per questa, economica per l’imputato) quella sera si sarebbe fatto portare dall’amico Caglioni a casa di Bossi per avere con la vittima un rapporto sessuale, non consumato, in cambio dei soldi di cui aveva bisogno per chiudere una denuncia per truffa mossagli da un’anziana di Roma. Secondo il racconto di Carolo, improvvisamente Caglioni avrebbe colpito Bossi con una padella e poi col coltello.
Opposta la versione della difesa di Caglioni: l’obiettivo sarebbe stato il furto, borsoni d’oro per un valore di 100mila euro, che la vittima, appassionato orafo, avrebbe tenuto in casa. Lui avrebbe dovuto attendere il complice per ritirare i borsoni e poi fuggire insieme in monopattino, ma dopo aver visto la vittima rincasare era salito e, dalla porta socchiusa, avrebbe visto Carolo strangolare Bossi e poi accoltellarlo.
La tesi dell’accusa e il “piano”
Per l’accusa, invece, il piano sarebbe stato proprio di uccidere. Punto principale della tesi del Pubblico Ministero, la testimonianza della ex fidanzata di Caglioni che ha parlato di un piano per torturare, uccidere e derubare Bossi che Caglioni le avrebbe riferito tempo prima dell’omicidio.
La sentenza
La Corte d’Assise si è ritirata in camera di consiglio alle 9.25. Sei ore e mezza dopo, i giudici togati e laici sono tornati in aula con la sentenza: Entrambi gl imputati sono stati condannati per tutti i reati contestati: ergastolo, e 9 mesi di isolamento diurno. Disposto il risarcimento ai famigliari di Andrea Bossi, da definirsi in sede civile, con provvisionali di 220mila euro a favore del padre, 220mila euro a favore della madre e 120mila euro a favore della sorella.
“La parola ergastolo significa molto per la famiglia”
A caldo, dopo la sentenza, il commento del legale della famiglia di Andrea Bossi, Davide Toscani:
“Esprimere soddisfazione per un ergastolo no, è sempre una condanna a carcere a vita. E’ certamente un ristoro, seppur minimo, per tutta la sofferenza che la famiglia del povero Andrea ha patito, a fronte per altro di scuse da parte degli imputati che non sono mai sembrate sincere nè tempestive. Le sentenze vanno rispettate.
Per la famiglia la parola ergastolo significa tanto. Loro come fine pena mai hanno quello di scontare la perdita di Andrea, che nessuna sentenza gli restituirà mai. Vorrebbero la macchina del tempo e tornare indietro a quando Andrea era vivo. Quantomeno, la sentenza ristabilisce la verità dei fatti sulla colpevolezza di entrambi”.