Proteste

Morti nelle carceri, anarchici a Saronno: "Non dimentichiamo, vogliamo libertà"

Volantini, striscioni e graffiti contro le carceri e le versioni ufficiali sulle morti nelle rivolte di marzo. Fatti ancora non chiariti che hanno toccato direttamente anche il Saronnese

Morti nelle carceri, anarchici a Saronno: "Non dimentichiamo, vogliamo libertà"
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Graffiti e volantini sui muri di Saronno dopo l'ultimo blitz degli anarchici: questa volta contro il carcere, chiedendo verità per le "strane" morti avvenute in occasione delle rivolte dello scorso marzo.

Morti nelle carceri, qualcosa non torna

Morti di overdose durante le rivolte e gli scontri con la Polizia penitenziaria, altri a qualche giorno di distanza dal trasferimento dal carcere di Modena, quello dove vi furono gli scontri maggiori, ad altre strutture. Quasi un anno dopo, le spiegazioni ufficiali fornite dalle autorità si scontrano con lettere e testimonianze dei carcerati e con lo scetticismo di molte famiglie che hanno visto uscire un proprio caro dal carcere senza vita.

Un dramma che ha toccato anche il Saronnese con la morte di Salvatore Cuono Piscitelli: il 40enne si trovava proprio nel carcere di Modena, detenuto per aver tentato di usare una carte di credito rubata. E' morto tra l'8 e il 9 marzo, poco dopo l'arrivo nel carcere di Ascoli Piceno. "Overdose di metadone e farmaci", rubati dalla farmacia del carcere rimasta non sorvegliata durante le rivolte. Secondo la versione "ufficiale". Due lettere anonime però avevano fatto riaprire il caso: nelle due missive si parla di pestaggi (Sasà non riusciva a comminare(...) ci venivano a picchiare col passamontagna per non far riconoscere la facce").

Protesta degli anarchici

Ed è da quei fatti, e altri simili visti negli ultimi mesi, che è nata l'ultima protesta degli anarchici saronnesi riuniti nel Collettivo Adespota.

"Nella sola galera di Santa Maria Capua Vetere sono 57 gli agenti indagati per abuso di potere e tortura - si legge in uno dei volantini - I pestaggi sono continuati anche nei giorni a seguire e con essi la privazione di cibo e acqua, delle docce e di assistenza sanitaria. Qualcuno si è fatto sentire però come dimostrano le tante denunce pubbliche fatti da detenuti e famiglie.

Continua però la bugia di Stato: per quanto riguarda i 14 morti (di marzo a Modena, ndr) la versione ufficiale ha parlato di "overdose da farmaci". Versione ufficiale degli stessi che per ben un mese non hanno diffuso tutti i nomi dei morti e che ancora oggi non hanno effettuato l'autopsia su molti di quei corpi".

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Ma non ci sono solo i casi di Modena.

"A gennaio di quest'anno, nel carcere di Varese un detenuto è morto in assenza di assistenza medica (dalle 18 alle 8 non è in servizio personale sanitario) - continuano dal Collettivo - Le proteste dei suoi compagni non sono mancate e dopo un paio di settimane, una rivolta ha danneggiato lo stesso carcere ed è stata sedata dall'intervento di 20 mezzi della polizia penitenziaria accorsi dai dintorni. Più di un giornale locale ha diffuso la grottesca e offensiva versione dei fatti secondo cui la rivolta sarebbe da ricondurre soltanto ad un televisore rotto. Soltanto due mesi prima, i reclusi di Busto Arsizio avevano organizzato uno sciopero della fame per avere informazioni sul focolaio di Coronavirus, accelerazione nella valutazione delle misure alternative e colloqui telefonici giornalieri con i familiari. La pandemia ci mostra il carcere per quello che è: un luogo dove le persone muoiono, ammassate in minuscole celle, senza cure mediche sufficienti, private dell'affetto dei propri cari, umiliate, picchiate e uccise dalle guardie".

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