Morti in corsia, la difesa: "Il Protocollo Cazzaniga? Solo un pettegolezzo, non esiste"
L'avvocato ribatte punto per punto agli elementi portati dall'accusa a motivazione della richiesta di condanna all'ergastolo.
Ultime battute del processo per le morti in corsia all’ospedale di Saronno che vede imputato l’ex viceprimario del Pronto Soccorso Leonardo Cazzaniga.
Morti in corsia, parola alla difesa
“Non esiste nessun Protocollo Cazzaniga. E’ solo un pettegolezzo“. Non ha dubbi l’avvocato di Leonardo Cazzaniga Andrea Pezzangora che oggi (venerdì 10 gennaio) nell’aula del Tribunale di Busto Arsizio ha aperto il suo intervento difensivo in risposta alla richiesta formulata dalla Procura dell’ergastolo per il medico accusato di svariati omicidi tra i pazienti del Pronto Soccorso. Un pettegolezzo, ha spiegato, con un’origine chiara.
“Dagli interrogatori e dalle audizioni, si sente parlare del Protocollo Cazzaniga a partire dal caso di Angelo Lauria – ha ripercorso – Ed è chiaro che se ne sente parlare come un pettegolezzo nato e alimentatosi da un nucleo di infermieri, e sciaguratamente anche dallo stesso Cazzaniga. Ma resta un pettegolezzo”.
Secondo la difesa, i “binari” di questo pettegolezzo avrebbero un’unica origine: “Tutto riconduce al caso Lauria, e a Clelia Leto, l’infermiera ‘grande accusatrice’ di Cazzaniga, che ne fa cenno anche nelle segnalazioni presentate, oltre che al collega Iliescu Radu. Ma quando lei e il medico smettono di lavorare insieme – ha fatto notare Pezzangora – non ci sono più segnalazioni a riguardo. Non basta però che se ne sia parlato per dimostrare l’esistenza di questo ‘Protocollo'”. “E’ stata una suggestione potentissima – ha concluso sul punto – ma comunque un pettegolezzo, che nulla ha a che fare con i presunti trattamenti eutanasici somministrati da Cazzaniga”.
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L’Angelo della Morte, tra Milton e la Bibbia
Un altro passaggio della difesa, che in queste ore sta continuando il proprio intervento, si è concentrato sull’immagine dell’ “Angelo della Morte che dispiega le sue ali“, con cui si era autodefinito Cazzaniga. “Lo ha spiegato lui stesso – ha ricordato l’avvocato – il suo riferimento era al Paradiso Perduto di John Milton e a un passo di Ezechiele”. Un’autodefinizione spinta dal suo narcisismo, come spiegato nel corso del processo anche dalla perizia psicoforense sull’ex viceprimario, e che secondo l’avvocato va “contestualizzata nel contesto culturale: l’Angelo della Morte non è l’Angelo sterminatore. Nel passo di Ezechiele, è quello che accompagna Abramo, sorridente e sottobraccio, in Paradiso. E’ l’angelo che aiuta i morenti nel passaggio dalla vita alla morte. E’ quello dalle cui dita scorre l’acqua del fiume Lete, che nel Purgatorio di Dante Alighieri fa dimenticare alle anime i propri peccati terreni e cui richiama anche Beaudelaire. E’ questo l’Angelo della Morte che ha in mente Cazzaniga quando vittima del suo narcisismo, con una battuta di ‘umorismo da patibolo’ come lo definiva Freud, si definisce così: non un angelo che uccide ma un angelo che porta sollievo a chi è in agonia“.
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