Saronno

Morti in corsia, la Cassazione conferma i trent'anni per Laura Taroni

La Corte di Cassazione ha dato l'ultima parola: condanna confermata e definitiva

Morti in corsia, la Cassazione conferma i trent'anni per Laura Taroni
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La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati di Laura Taroni, l'infermiera condannata a 30 anni per le morti del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici emerse con le indagini sulle morti in corsia all'ospedale di Saronno.

Morti in corsia, condanna confermata per Taroni

I legali avevano presentato ricorso contro la sentenza di Primo e Secondo Grado. Otto motivi, quelli elencati nel documento, otto presunti vizi e violazioni di leggi e procedure. Tutti rigettati dalla Corte Suprema di Cassazione, che a luglio aveva ritenuto "infondato" il ricorso.

Depositate nei giorni scorsi le ventidue pagine della motivazione, in cui si ripercorre la vicenda e, soprattutto, i giudici smentiscono l'ammissibilità dei rilievi indicati nel ricorso.

Insomma, rigettati tutti i dubbi e gli appigli sui quali la difesa ha tentato di costruire la richiesta di assoluzione, o comunque di riduzione della pena.

Le morti del marito e della madre

Taroni era stata condannata, si ricorda, per due omicidi: quello del marito Massimo Guerra, avvenuto nel giugno del 2013, e quello della madre Maria Rita Clerici avvenuto nel 2014. Morti, entrambe, causate dai farmaci somministrati dall'infermiera senza alcuna ragione medica, sulla base di falsi referti medici redatti dall'amante e complice Leonardo Cazzaniga, all'epoca viceprimario del Pronto Soccorso di Saronno.

In particolare, i falsi referti avevano fatto credere al marito di essere diabetico e di avere altre patologie per le quali erano necessarie delle terapie farmacologiche volte che lo portarono progressivamente alla morte. L'intento, spiegò Taroni in aula, non sarebbe stato uccidere ma contenere gli "istinti libidinosi" del marito e mettere fine alle sue richieste sessuali sempre più "particolari".

Per quanto riguarda la madre, con la quale come emerso dalle prime sentenze c'era un forte rapporto di "odio atavico", d'intesa con Cazzaniga Taroni aveva agito con modalità simili: falsi referti e terapie non necessarie, che erano arrivate a causare all'anziana donna un'emorragia cerebrale. Su questo decesso, Cazzaniga era stato assolto a differenza di Taroni, per una diversa valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni dell'ex infermiera.

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