L'"esperienza del cuore" di due ex infermiere del Galmarini nell'ospedale di Bissau
Una, volontaria in Africa dal 2011; l'amica, alla sua prima esperienza: Carolina Lavazza e Grazia Colombo raccontano le due settimane di lavoro fra le corsie dell'ospedale S. José Em Bôr di Bissau
Da Tradate a Bissau, in Guinea, per vestire il camice che per una vita hanno indossato fra le corsie dell'ospedale Galmarini di Tradate. Le due ex infermiere dopo la pensione non si sono fermate, e tra novembre e dicembre sono tornate al lavoro in Africa.
Dal Galmarini a Bissau
Una vita trascorsa tra le corsie del Galmarini, tanto da essere diventate un vero punto di riferimento per i pazienti e le loro famiglie ma anche per gli stessi medici e i colleghi infermieri, che per anni hanno coordinato e affiancato nelle numerose sfide e fatiche che il lavoro in ospedale comporta ogni giorno. Un amore per la propria professione capace di andare oltre i muri del nosocomio tradatese, per portare cure e sollievo anche nei luoghi più poveri del mondo. Il 2024 si chiude con una storia che parla ai cuori.
E’ quella di Carolina (Katia) Lavazza e Grazia Colombo, coordinatrici infermieristiche del Galmarini da poco in pensione, che hanno deciso di partire insieme per l’Africa al fianco dell’associazione "L’avete fatto a me". Dal 30 novembre al 14 dicembre le due ex infermiere sono state di supporto alla equipe dell’ospedale pediatrico S. José Em Bôr di Bissau.
ex infermiere del galmarini volontarie in africa
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La storia di volontariato di Lavazza
"Ci siamo prese cura l'una dell'altra, il peso emotivo e le difficoltà sono state condivise", spiega Lavazza, che nel corso della sua vita ha svolto diverse esperienze di volontariato in paesi come Camerun, Congo, Ciad, Ghana. La prima esperienza in Guinea-Bissau risale al 2011, sempre al fianco dell’associazione "L’avete fatto a me", nata nel 2004 in collaborazione con la diocesi di Milano e formata esclusivamente da professionisti appartenenti all’ambito sanitario.
"Da allora sono tornata a Bissau quasi ogni anno per seguire il progetto di affiancamento e formazione dell’equipe medica locale, nell’ottica di fornire gli strumenti non soltanto pratici, ma anche metodologici e operativi fondamentali per il buon funzionamento dell’ospedale e soprattutto per consentire ai sanitari locali di poter gestire la struttura in maniera efficiente e soprattutto autonoma. Negli ultimi tre anni è stata avviata anche una collaborazione con ospedale maggiore del paese, il Simão Mendes, sempre nell’ottica di una condivisione di saperi e di buone pratiche medico-gestionali, attraverso progetti formativi finalizzati a promuovere, valorizzare e arricchire le risorse e le competenze del personale infermieristico locale".
ex infermiere del galmarini volontarie in africa
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Il "battesimo" di Colombo
Negli anni, i racconti della collega hanno colpito nel profondo la collega Grazia Colombo che, subito dopo il raggiungimento della pensione, ha deciso di mettere a sua volta a disposizione la sua professionalità a favore di questo progetto. Per lei, dunque, quella dello scorso dicembre è stata la prima missione, non solo di conoscenza e formazione al volontariato internazionale, ma soprattutto di supporto professionale e sostegno per Katia.
ex infermiere del galmarini volontarie in africa
ex infermiere del galmarini volontarie in africa
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"E’ l’esperienza del cuore - spiega Colombo - Un’esperienza dove se hai la capacità di fare silenzio con te stessa, rispolveri i valori essenziali per cui vale la pena di vivere. Accostandomi alla sofferenza ingiusta di quei bimbi nei lettini di quegli ospedali così essenziali, dove le cure e i farmaci sono solo per coloro che possono pagarle, ho percepito la vera dignità nella sofferenza, ho amato il loro affetto e il loro calore nell'accogliermi; ho toccato con mano la capacità così naturale di queste persone nel condividere quel niente che possiedono, anche tra i colleghi che lavorano in ospedale. Ho avuto l'opportunità di andare a far visita nei villaggi dove vivono nella totale essenzialità e condivisione. Ho provato rabbia nel vedere l'impossibilità a ricevere cure e istruzione gratuita, ho provato tanta sofferenza nel vedere bambini morire quando in Italia sarebbero guariti in pochi giorni. Devo molto a tutti coloro che ho incontrato: dai colleghi dell’ospedale di Bissau, all’associazione per avermi dato questa grande opportunità, a padre Giovanni Demaria che mi ha permesso di entrare in contatto con la vera quotidianità di queste persone, ed ovviamente alla mia amica Katia".