Interdetto il primario di ginecologia dell'ospedale di Saronno: visite in "nero" e proventi per 70mila euro sequestrati
Denunciato il primario per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato
Sequestro di 70mila euro e interdizione dall'esercizio per il primario di ginecologia dell'ospedale di Saronno che avrebbe visitato e utilizzato la struttura dell'ospedale in "nero" come favore ad amici e conoscenti.
Interdetto il primario di ginecologia: visite in "nero" e proventi per 70mila euro
I Finanzieri della Guardia di Finanza di Varese hanno dato esecuzione a un provvedimento di interdizione dall’esercizio della professione di medico per la durata di un anno e di sequestro emesso dal Tribunale di Busto Arsizio, per un valore pari a circa 70.000 euro, nei confronti di un ginecologo in servizio presso una struttura ospedaliera di Saronno.
Le indagini della polizia economico finanziaria sono partite dall’esposto di un Dirigente medico che aveva raccolto la segnalazione di una infermiera che aveva rilevato alcune anomalie procedurali sugli esami "pap test" eseguiti presso l'ambulatorio istituzionale di ginecologia.
Analisi di laboratorio a spese del contribuente per visite private
Le conseguenti investigazioni svolte dai finanzieri della Compagnia di Saronno con il coordinamento della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, hanno permesso, dopo puntuali e scrupolosi riscontri tra i quali l’acquisizione delle le ricette compilate dal medico ed il confronto con le prenotazioni delle visite effettuate tramite il Cup dell’ospedale e con i documenti emessi a seguito di attività intramoenia, di denunciare il primario per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato.
Il ginecologo dovrà rispondere anche del reato di peculato, perché ha utilizzato per le suddette visite materiali ed attrezzature acquistate dal nosocomio pubblico.
I finanzieri hanno sentito oltre 60 pazienti che hanno confermato come la rispettiva visita fosse avvenuta “in nero” ed al di fuori dell’ospedale. Dalle loro testimonianze è emerso che, in plurime occasioni, il medico sfruttava ai propri scopi personali il laboratorio di analisi del proprio nosocomio di appartenenza; nello specifico, dopo aver visitato presso gli studi privati le numerose pazienti, consegnava i “pap test” presso il laboratorio affinché fossero analizzati e mostrando, apparentemente, che le pazienti fossero visitate in ambulatorio istituzionale ovvero nell’ambito di attività libero-professionale intramoenia.
70mila euro i proventi del presunto reato ai danni dello Stato
Secondo gli inquirenti, il valore del sequestro corrisponderebbe al profitto derivante dal presunto reato: sarebbe pari all’indennità di esclusività percepita nell’arco temporale durante il quale sono supposte le condotte illecite.
Infatti, il medico, nonostante avesse scelto di esercitare la propria attività di libero professionista solamente all’interno della struttura pubblica, percependo mensilmente un compenso aggiuntivo sulla retribuzione, avrebbe svolto anche attività libero-professionale in forma autonoma “extramoenia”.