Frode per 34 milioni di euro: chiuse le indagini della procura
Gli indagati, per porre in essere le condotte fraudolente, hanno reso standard una prassi contabile dove le fatture fittizie erano giustificative di bonifici bancari ricevuti dai propri “clienti”
Chiusura delle indagini preliminari per una frode fiscale di 34 milioni di euro: 23 gli indagati che avevano costituito società cartiere ricevendo fatture per operazioni inesistenti.
Frode fiscale per 34 milioni di euro
I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese, diretti dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, stanno in queste ore notificando gli ultimi avvisi di chiusura delle indagini preliminari di una articolata istruttoria che ha consentito di ricostruire una frode fiscale perpetrata, attraverso la costituzione di società “cartiere” con le quali gli indagati hanno emesso e ricevuto fatture per operazioni inesistenti coinvolgendo molteplici società operanti principalmente nel territorio lombardo e piemontese.
Fatture false e prestanome
Gli indagati, per porre in essere le condotte fraudolente, hanno reso standard una prassi contabile dove le fatture fittizie erano giustificative di bonifici bancari ricevuti dai propri “clienti” a cui veniva restituito il denaro contante (corrispondente all’importo indicato nella fattura emessa) al netto di una provvigione variabile costituente il compenso per il “servizio” reso. Il sodalizio, al fine di mascherare il proprio operato reclutava numerosi “prestanome” posti formalmente a capo delle società facenti parte dello schema fraudolento.
Le indagini con intercettazioni e pedinamenti
Le indagini di polizia economico-finanziaria strutturate in analisi di tabulati telefonici, ricostruzioni bancarie, intercettazioni telefoniche e ambientali audio/video e con apparecchiature gps, pedinamenti, analisi di copiosissima documentazione contabile/amministrativa e verifiche fiscali hanno portato i militari delle Fiamme Gialle a ricostruire puntualmente il modus operandi del gruppo criminale.
La metodologia del sodalizio criminale consentiva a società, attive ed operanti in vari settori merceologici, di conseguire indebiti ed ingenti risparmi di natura fiscale deducendo costi e (spesso) detraendo Iva a credito, non spettanti, in quanto generati dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tale sistema permetteva anche a soggetti possessori di ingenti quantità di denaro contante, di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.
Tantissime le aziende coinvolte
Sono moltissime le aziende finite sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri che, dal 2017 al 2021, hanno beneficiato complessivamente di 30 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti oltre all’IVA indebitamente detratta per 4 milioni di euro. Al termine delle attività investigative la competente Autorità Giudiziaria, oltre ad addivenire ad una sentenza di condanna per patteggiamento nei confronti dei 3 principali indagati, ha chiuso le indagini su ulteriori 23 persone, tra imprenditori, prestanome e un attivo faccendiere elvetico, tutti per emissione e/o annotazione di fatture per operazioni inesistenti. In tale contesto sono state, altresì, disposte specifiche misure cautelari reali concernenti il sequestro preventivo di beni, denaro ed altre utilità al fine di tutelare la successiva pretesa erariale, per un valore
complessivo pari a circa 6 milioni di euro, nei confronti dei molteplici imprenditori indagati.
Contrasto alle condotte illecite
L’operazione eseguita dalla Guardia di Finanza di Busto Arsizio, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria e valutaria, è stata condotta trasversalmente tanto sotto il profilo amministrativo-tributario quanto quello penale nonché si inserisce nel quadro delle rinnovate linee strategiche dell’azione del Corpo volte a rafforzare il contrasto alle condotte illecite connotate da maggiori profili di insidiosità e gravità, per contrastare gli effetti distorsivi della concorrenza e del mercato provocati dalle frodi fiscali che costituiscono un grave ostacolo allo sviluppo economico e penalizzano l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli.
Si rappresenta che per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine in relazione alla vicenda sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.