Confapi: "Più del Covid spaventa la mancanza di commesse di lavoro"
Il direttore di Confapi: "Campanello di allarme per le prossime settimane: con gli ordinativi calati potrebbe farsi sentire forte la crisi"
Da un sondaggio promosso da Confapi tra i propri associati sono emersi i timori degli imprenditori alle prese con Dpcm, restrizioni e difficoltà di produzione.
Confapi: "Imprenditori temono la perdita di commesse"
"La preoccupazione più grande degli imprenditori, emersa dal sondaggio che abbiamo fatto tra tutti i nostri associati, è la perdita delle commesse. Situazione che potrebbe creare ripercussioni, ancora più pesanti, nell’immediato futuro". A dare voce alle paure del tessuto produttivo, messo di nuovo in grande difficoltà dal secondo lockdown è Piero Baggi, direttore di Confapi Varese il quale sulla base dei numeri percentuali emersi dal sondaggio, che ha coinvolto tutti gli associati, ha tracciato l’attuale quadro economico ma anche il sentiment che si respira nelle aziende di fronte a questa crisi che, oltre che sanitaria, è anche economica.
Il sondaggio tra gli imprenditori
Il sondaggio predisposto da Confapi conteneva tutta una serie di quesiti funzionali a comprendere l’atteggiamento che le imprese hanno assunto alla luce del nuovo Dpcm, ma anche la situazione dei casi positivi al Coronavirus in azienda, come è stato riorganizzato il lavoro e quali le prospettive per il futuro. Tra i dati più interessanti vi è certamente quello relativo alle conseguenze avvertite da Lockdown e zona rossa e i timori.
"Il 45% degli imprenditori hanno risposto che la preoccupazione maggiore è la perdita delle commesse – spiega Baggi – il 10% la difficoltà a mantenere i livelli di occupazione pre Covid, un altro 10% l’elevata pressione fiscale. Stessa percentuale anche per chi fatica a recuperare risorse finanziare per non fermare il processo produttivo".
Campanello d'allarme per una prossima nuova crisi
Per il direttore di Confapi sono dati da analizzare con attenzione: "Il timore dei nostri imprenditori di perdere commesse deve essere letto come un campanello di allarme per le settimane a venire, quando, alla luce degli ordinativi che sono calati, potrebbe davvero farsi sentire in maniera ancora più forte la crisi".
Anche perché durante questa seconda ondata del Covid, seppur tra moltissime difficoltà i macchinari non si sono mai fermati: il 48%, infatti, ha risposto che ha lavorato a pieno organico, l’11% ha utilizzo lo strumento dello smart working, il 27% ha fatto ricorso alla cig e il 10% ha applicato una riduzione d’orario anche sulla base del consumo delle ferie arretrate.
Il peso della seconda ondata
La seconda ondata del virus ha avuto ricadute sul tessuto produttivo pesanti e in alcuni casi contraddittorie.
"Del comparto manifatturiero, il settore cha più ha sofferto e soffre è il Tessile. Il quale di fatto ha perso tre stagioni, soprattutto se si pensa a quelle produzioni strettamente legate alla moda. È invece in controtendenza il comparto Meccanico, in modo particolare le imprese che lavorano molto con l’export e con il Far East, dove la ripresa è iniziata ormai da qualche mese. In questo caso abbiamo realtà in controtendenza, ovvero con una mole di lavoro a volte davvero importante da arrivare a programmare la riduzione delle chiusure natalizie".