Tribunale

Cinquant'anni dopo, nuovo processo in cerca di verità sul sequestro di Cristina Mazzotti

Quattro imputati, ritenuti essere mandanti e sequestratori della 18enne che venne trovata senza vita in una discarica di Galliate

Cinquant'anni dopo, nuovo processo in cerca di verità sul sequestro di Cristina Mazzotti
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Si è aperto ieri, mercoledì 25 settembre, in Corte d'Assise a Como, il processo che quasi mezzo secolo dopo il sequestro e la morte della 18enne Cristina Mazzotti mira a chiudere il cerchio su quel tragico fatto che aprì la stagione dei sequestri nel Nord Italia.

Sequestro Mazzotti: si torna in aula

Una vicenda per la quale ci sono già 13 condanne fra carcerieri, centralinisti, fiancheggiatori emesse nel 1978. Ma quelle dei sequestratori e dei mandanti, di chi quel 30 giugno fermò a Eupilio l'auto su cui viaggiava Cristina Mazzotti insieme al fidanzatino Carlo Galli e all'amica Emanuela Luisari, non sono mai arrivate.

Ci aveva provato, dopo che l'evoluzione dei metodi scientifici avevano permesso di trovare e dare un nome a un'impronta digitale sul vetro dell'auto su cui viaggiava Mazzotti Mazzotti, la Procura di Novara, ma tutto era stato archiviato nel 2011.

La determinazione e le indagini dell'avvocato Fabio Repici, che ieri in aula rappresentava una delle parti civili, è però riuscita a far riaprire il caso arrivato in Corte a Como.

Gli imputati

Alla sbarra, quattro persone: il 70enne Demetrio Latella, metà vita trascorsa in carcere e proprietario dell'impronta digitale che ha permesso di riaprire il caso; il 73enne Antonio Talia, il 74enne Giuseppe Calabrò e Giuseppe Morabito, 79 anni.

La prossima udienza si terrà il 16 ottobre.

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