Chiudano anche le industrie: Regione Lombardia chiede misure ancora più drastiche contro il Coronavirus
"Noi avevamo individuato alcuni settori strategici che avrebbero dovuto rimanere aperti, prevedendo per gli altri la chiusura"
Nuovo decreto in arrivo? L’ipotesi è tutt’altro che peregrina. Dopo il provvedimento dell’8 marzo, inasprito con un nuovo provvedimento emanato la sera dell’11 marzo, la Lombardia torna a chiedere ulteriori misure per contrastare il dilagare del Coronavirus. L’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera ha sottolineato come si sarebbero attesi di più dal Governo.
Regione Lombardia chiede misure ancora più drastiche contro il Coronavirus
A lasciare perplessi molti amministratori locali è il fatto che molte attività sono state lasciate aperte (anche quelle, oggettivamente, non legate a beni di primi necessità), ma soprattutto il fatto che non si sia deciso di porre paletti molto stringenti alle attività delle industrie e delle imprese. Certo, sono logicamente obbligate a rispettare delle norme sanitarie chiare e rigorose, ma allo stesso tempo non è stata loro richiesta una chiusura dell’attività come invece accaduto per molti negozi. Per questi motivi, Gallera stamattina (13 marzo) non ha escluso l’emanazione di un nuovo provvedimento, questa volta rivolto soltanto alla Lombardia.
“Siamo tornati a chiedere una nuova riflessione. Il Governo ha voluto fare un grande sforzo per tutta l’Italia, ma è evidente che noi viviamo una situazione specifica e molto particolare. Soffocare qui il virus avrebbe un effetto benefico per tutti. Quindi c’è da immaginare un’eccezione lombarda, la chiusura di alcune aziende. Alcune, non di tutte. Forse è il momento di tornare a recuperare quel ragionamento e quelle identificazioni che avevamo fatto. Noi (nelle richieste inviate al Governo in settimana, ndr) avevamo individuato alcuni settori strategici legati ai servizi essenziali di pubblica utilità a partire dalle filiere essenziali, come l’alimentare, l’energia e le telecomunicazioni, che avrebbero dovuto rimanere aperte, prevedendo per le altre la chiusura. Il Governo ha recepito questo solo in parte. Ma oggi sono gli stessi territori, i sindaci e i sindacati, a sottolineare la necessità di una garanzia di sicurezza per i lavoratori”