Castiglione, il Cse Il Girasole non lascia soli i suoi ragazzi
L'esperienza del Centro Socio Educativo di Castiglione, costretta a chiudere per coronavirus ma che non ha voluto abbandonare i propri utenti
Il Centro Socio Educativo Il Girasole di Castiglione Olona è chiuso dal 10 marzo ma i suoi educatori continuano a lavorare grazie agli strumenti informatici.
Il Girasole si sposta "online"
Impossibile riaprire nel rispetto delle regole, nonostante la legge lo consenta, ma impossibile anche pensare di tagliare completamente i rapporti coi 30 ragazzi con disabilità cognitive e sensoriali che fino all'inizio della pandemia qui erano seguiti da educatori e professionisti. Così il Cse Il Girasole di Castiglione Olona ha deciso di "trasferirsi" per questa fase sui canali virtuali.
"Rientriamo tra i codici Ateco che potrebbero tornare al lavoro ma le prescrizioni sono impossibili da seguire lavorando con ragazzi che hanno disabilità - premette Silvia Barison, responsabile del centro - tuttavia crediamo sia fondamentale mantenere il contatto coi nostri utenti: così abbiamo deciso di spostare le nostre attività sui social grazie ai nostri educatori che ogni giorno postano esercizi e laboratori da fare a casa (semplici ricette, esercizi di yoga e tai-chi, lavoretti creativi e lavori domestici, attività di psicomotricità e musicoterapia, esercizi e video teatrali, attività di letto-scrittura, ascolto di storie lette da un educatore, lavori sulle emozioni), che oltre sui nostri spazi Facebook vengono inviati anche via mail e telefono chiedendo poi ai ragazzi di inviare il risultato del loro lavoro, come feedback. E non manca anche il contatto diretto telefonico con loro e le loro famiglie, specialmente per chi ha esigenze particolari, e per questo abbiamo attivato anche uno sportello psicologico per dare il massimo supporto".
"Non è facile"
Ovviamente si tratta di interventi-tampone, che possono solo limitare i disagi peri chi non può più frequentare il Centro.
"Per loro eravamo una scuola, con attività tutti i giorni dalle 9 alle 16 e molti ci dicono che non vedono l'ora di tornare. Si sono creati nel tempo legami e rapporti molto forti che dobbiamo cercare di non perdere ma alcuni ragazzi faticano a comprendere la situazione e i motivi per cui non possono più venire - prosegue Barison - Le attività online e l'educativa a distanza sono un modo per non lasciare soli loro e le loro famiglie in un momento di grande difficoltà e bisogno come questo. Non abbiamo inventato nulla, ci sono diversi centri che si sono adattati in maniera simile nella speranza di poter tornare il prima possibile a lavorare 'in sicurezza' coi ragazzi".
Insomma, si lavora come si può. E non è certo facile viste le necessità degli utenti che vengono seguiti da Il Girasole e dalle realtà simili e l'assenza finora di riferimenti e provvedimenti che tengano conto delle esigenze particolari di chi ha una disabilità. Basti pensare che, ad esempio, sono servite diverse settimane perchè si concedesse loro l'uscita di casa. Non che si sia fatto molto di più: i Cse e realtà socio educativi simili infatti come fa presente Barison potrebbero riaprire ma è immaginabile la difficoltà nel far rispettare l'obbligo di mascherina a chi soffre di disabilità cognitiva, seppur lieve.
Parola agli educatori
E sono infine proprio gli educatori, principali attori di questa forma di educativa a distanza, a raccontarne la realtà:
"Questa esperienza inedita di lavoro educativo a distanza, che sta offrendo soddisfazione e occasione di ulteriore accrescimento professionale, mi ha colpito per la sua complessità. Sono 3 in particolare gli elementi di difficoltà: 1)riuscire a comunicare efficacemente con ciascun utente (alcuni per telefono, altri tramite mail, audio registrati, video, foto o social etc.) 2) offrire proposte adeguate, varie e diversificate 3) ottenere una restituzione da tutti e gestire una interazione costante attraverso diversi strumenti di comunicazione. Il confronto con i colleghi e le riunioni in videoconferenza sono essenziali. La soddisfazione è grande nel constatare la presenza dei ragazzi ed il loro interagire sia con noi educatori che tra di loro attraverso questa rete di comunicazione, attività e iniziative che siamo riusciti a creare. In tutto ciò sento la complessità ma anche l'importanza del lavoro dell'educatore".
Antonio Martella
"Non è stato facile adattarsi a questo nuovo modo di entrare in relazione con i ragazzi, noi educatori siamo abituati ad incontrarli ogni giorno al Centro e ad avere con loro contatti ravvicinati. Abbiamo dovuto ricercare delle modalità affinché tutti potessero partecipare alle nostre proposte. Attraverso i supporti tecnologici e alcuni social network abbiamo creato una fitta rete di comunicazione fra noi educatori e i ragazzi. Chi non ha a disposizione degli apparecchi tecnologici viene contattato da noi operatori ogni settimana. Ora, a più di un mese dall’inizio del servizio educativo a distanza, abbiamo ottenuto una buona partecipazione, infatti i ragazzi e le famiglie ogni giorno ci mostrano virtualmente i loro contributi con entusiasmo".
Stefania Rossini
"In questi giorni stiamo tutti sperimentando una situazione inusuale e inattesa della nostra vita, sia nella gestione del quotidiano che nella nostra professione. Dopo una prima fase di disorientamento, sempre più ci siamo resi conto che la tecnologia poteva e può offrirci opportunità nuove di relazione e condivisione. La nostra idea, come quella di molti altri, è nata proprio dall'isolamento forzato in cui ci siamo trovati e dalla riflessione sulla necessità e l'importanza di mantenere vitali i rapporti con le persone che usufruiscono del nostro servizio. Tutti noi ci sentiamo più fragili: l'incertezza, la paura, il bisogno di comunicare e di sostenerci sono stati il propulsore di questo progetto che si sta rivelando anche uno stimolo alla creatività e alla scoperta delle nostre capacità, di un'inventiva che forse non avremmo messo in campo in una situazione di 'normalità'. Nel mio ambito particolare, Psicomotricità e Musicoterapia (discipline basate sulla comunicazione non verbale) sono in corso dibattiti infiniti sull'opportunità o meno di 'fare' queste attività in mancanza della reale presenza della persona, imprescindibile per un 'vero' contatto non solo corporeo ma anche emozionale. Ecco, è proprio su questo termine che mi sono soffermata a pensare: è vero, i nostri corpi sono distanti ma il nostro 'sentire' ci avvicina l'uno all'altro e ci accomuna. Soprattutto è un 'sentire' costruito giorno dopo giorno, con tanto impegno e disponibilità da entrambe le parti, nelle nostre giornate trascorse insieme al Girasole. Proprio in questo desiderio di 'esserci' nonostante la distanza c'è tutto il valore e l'intenzionalità educativa e terapeutica del nostro lavoro. Non c'è il contatto, non ci sono i nostri corpi vicini, non c'è uno spazio fisico da condividere, la musica perde parte delle sue frequenze se trasmessa con mezzi digitali...ma resta la condivisione del tempo, la forza delle emozioni che ci uniscono e il vivere costantemente nel pensiero e nel cuore dell'altro: è proprio questo che ci fa percepire di esistere e che ci rende pienamente persone, sia nella vicinanza che nella lontananza oltre la comunicazione verbale".
Marina Sara