Caso camici, indagati il cognato di Fontana e il Dg di Aria Spa per la commessa da mezzo milione
Al centro la richiesta di fornitura di dispositivi di protezione per mezzo milione affidata alla società Dama Spa, di Andrea Dini e per il 10% della first lady lombarda
Caso camici, l'indagine era stata avviata dopo l'inchiesta di Report che aveva portato alla luce la fornitura di camici sanitari affidata a Dama Spa, impresa del settore moda del cognato del Presidente della Regione Attilio Fontana e di cui la moglie detiene il 10%.
Caso camici, indagato il cognato di Fontana
Documenti acquisiti, funzionari regionali ascoltati e convocati, ieri, anche il'assessore all'Ambiente Raffaele Cattaneo e il presidente della società Aria Spa, la maxi-società di committenza della Regione. Continua l'indagine della Procura per far luce sulla fornitura per 513mila euro di camici sanitari affidata a Dama, la società di proprietà di Andrea Dini, cognato del Presidente Attilio Fontana, e di cui anche la moglie del Governatore, Roberta.
Fu donazione o no?
L'indagine è per "turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente", e vede ora due nomi iscritti nel registro degli indagati: quello di Andrea Dini e quello del Direttore Generale di Aria Spa Filippo Bongiovanni. A svelare la "strana vicinanza" dei nomi e proprietà era stata Report: ad aprile, in piena emergenza Covid, Regione Lombardia aveva chiesto tramite Aria Spa all'azienda la fornitura di camici medici per 513mila euro, con tanto di procedura negoziata per l'acquisto. Acquisto che peraltro richiede precise autorizzazioni trattandosi di dispositivi di protezione individuale ad uso medico e che normalmente sono soggetti a lunghe procedure.
L'intervista e lo storno della fattura
Un affidamento diretto che ha subito insospettito Report, dato che Dama Spa non è inserita tra l'elenco fornitori di Regione Lombardia. Il 15 maggio, la troupe della trasmissione di Rai3 aveva intervistato Fontana sulla gestione dell'emergenza Covid. Secondo i magistrati, quell'intervista avrebbe però insospettito il Presidente. Pochi giorni dopo, il 20 maggio, Dini fece stornare la fattura trasformando quell'ordine in donazione. Spiegando agli inviati di Report che era tutto frutto di un errore di un dipendente e che sin dall'inizio si intendeva donare quel materiale e non venderlo alla Regione.