Una storia toccante

«A Kabul le armi come giocattoli. Io, kamikaze mancato ora insegno lingue»

Il giovane Wali Atai è fuggito dagli orrori della Jihad in Afghanistan per poi trovare riscatto nella comunità dairaghese

«A Kabul le armi come giocattoli. Io, kamikaze mancato ora insegno lingue»
Pubblicato:
Aggiornato:

«A Kabul le armi come giocattoli. Io, kamikaze mancato, sprono i giovani allo studio».

Fuggito dagli orrori della Jihad

Nell'architettura dell'orrore, della morte e devastazione trova spazio un leggero raggio di sole che prova a sprigionare i suoi effetti. Si fa largo a fatica raggiungendo gli angoli più aridi e nascosti. E' la luce che, perché si possa considerare completa, raccontano gli antichi, deve confrontarsi col suo opposto, vale a dire l'ombra. Due facce della stessa medaglia anche per Walimohammad Atai, 27 anni già uomo maturo (e tra poco vi spiegheremo il perché), vive a Busto Arsizio, ma frequenta la parrocchia di Dairago tanto da vedere nella figura di don Giuseppe Alloisio un punto di riferimento che gli ha consegnato le chiavi del riscatto umano e sociale coinvolgendolo in corsi che spaziano dall'insegnamento delle lingue ai semplici laboratori di cartapesta. La luce dei libri contro l'ombra della jihad. Una storia, la sua, che coincide con quella di un martire mancato. Oggi si occupa di diritti umani ed è mosso dal desiderio di seguire le orme del padre, medico e oppositore politico ucciso dai talebani.

L'accusa dei talebani, poi la nuova vita a Dairago

Dopo aver aperto una scuola laica nel suo villaggio, nel sud del Paese, viene accusato dai talebani di essere una spia degli infedeli e sopravvive ad un attentato che era stato architettato per farlo fuori. E così fugge, passa da Turchia e Siria. Ottiene asilo politico in Italia dove inizia un capillare lavoro di informazione e dialogo interreligioso e interculturale. E' fondatore dell’associazione FAWN (Free Afghan Women Now) per la difesa dei diritti delle donne afgane, e laureato in Scienze della mediazione linguistica in Italia. Lavora come educatore professionale socio-o-pedagogico ed attualmente è coordinatore di un centro d’accoglienza nella provincia pavese ma anche come interprete e traduttore giurato per tribunali, commissioni territoriali, carceri, questure e ministeri.

"Non mi sono salvato da solo: qualcuno ha provveduto per me"

La fuga disperata da Kabul gli è servita ad abbracciare un nuovo mondo. E' il suo presente. Un presente conquistato dopo aver visto il terrore negli occhi e dopo essere scampato alla scuola per kamikaze amministrata dai talebani. E' scampato più volte alla morte. Affermare che si tratta di un eroe dei nostri tempi non è un'esagerazione.

«Non mi sono salvato da solo. Qualcuno ha provveduto alla mia deradicalizzazione. Sono fuggito dallo sterminio, da un sistema dove le armi vengono usate dai bambini come fossero dei giocattoli. C'è un regime che insegna solamente la violenza, dove le armi sono considerate un biglietto in prima classe verso il Paradiso. Durante la mia infanzia c'è chi ha ucciso perfino i membri della propria famiglia. Ti comandano e tu diventi un robot. Vedono le tue capacità e ti "eleggono" come produttore di armi. Una propaganda del terrore che comincia quando sei bambino quando ti mettono la chiave al collo, fanno vedere documentari dove sgozzano persone. E per te fare il kamikaze diventa una ragione (distorta) della vita».

"Le donne? Prese di mira e lapidate"

Le donne prese a sassate:

«Ci dicevano di lanciare i sassi in modo graduale, affinché la tortura potesse perdurare». Ci dicevano che il melograno una volta maturo sarebbe scoppiato. Quel melograno rappresentato dai bambini che, alimentati dalla voglia della distruzione di sé e degli altri, andava prima o poi consumato. Per un bambino che diventa prodotto e che, se non consumato, finisce per ritorcersi contro il proprio diavolo».

La presenza Usa in Afghanistan e l'importanza dell'istruzione che è come una luce

Durante il presidio degli americani, racconta sempre Wali, «le nostre famiglie sapevano che la democrazia era cosa preziosa per cui valeva la pena combattere. Ma le zone rurali, quelle non sono mai state toccate. E' lì che sono nati i talebani. Che hanno fatto scappare il nostro Re». Zone dove, «l'istruzione gioca un ruolo decisivo, specie contro i lavaggi del cervello che ti vengono fatti fin da piccoli. Servono scuole, non moschee né fabbriche di armi. L'istruzione è l'unica via. E' la luce, il prezzo della libertà. E' un pericolo nel nome del quale qualcuno è stato ucciso». E chi scappa, come invece ha fatto il protagonista di questa impresa per la vita, finisce paradossalmente per "rifiutare il paradiso per non uccidere». Un concetto che riprende il titolo di uno dei libri scritti dal giovane afgano. Che si aggiunge al suo primo lavoro «Il martire mancato. Come sono uscito dall'inferno del fanatismo». E lui ce l'ha fatta.

Mattia Ferrara

Seguici sui nostri canali