Quaresima

Pregare, perdonare, amare e sperare

Oggi pomeriggio alle 16 il "Quaresimale in Prepositurale".

Pregare, perdonare, amare e sperare
Pubblicato:

Sono le parole che l’arcivescovo Mario Delpini ha lasciato ai fedeli venerdì, al termine della Via Crucis della Zona pastorale IV.

Pregare, perdonare, amare e sperare

Pregare, perdonare, amare e sperare. Sono le parole che l’arcivescovo Mario Delpini ha lasciato ai fedeli venerdì, al termine della Via Crucis della Zona pastorale IV, in Prepositurale a Saronno.

Nella sua omelia ha affrontato i temi dell'angoscia, della sofferenza, della malattia e della morte, invitando al contempo a pregare e ad avere fiducia.

Proprio in questo contesto, oggi, domenica 3 marzo, alle 16 si parlerà di "Fiducia anche in carcere", insieme a don Marco Recalcati, cappellano a San Vittore, per il ciclo "Quaresimale in Prepositurale".

Grande partecipazione alla Via Crucis

Tanti, tantissimi hanno partecipato, giunti anche da fuori città. La Via Crucis si è tenuta nella chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo a causa del maltempo e non all’aperto, seguendo il percorso dalla Prepositurale al Santuario della Beata Vergine dei miracoli, come inizialmente era previsto. Molti hanno seguito la Via Crucis dal sagrato.

Nell’omelia l’arcivescovo Delpini ha parlato dell’angoscia e della sofferenza:

“L’angoscia che paralizza. Nell’angoscia la mente resta sconvolta e non riesce a concentrarsi, ritorna ossessivamente su quello che prevede, terribile, spaventoso, insostenibile. Le cose semplici sono pesanti come montagne. (...) L’angoscia irrompe prima di un ricovero in ospedale, prima di un intervento chirurgico, prima di una scelta decisiva, ma anche in momenti che dovrebbero essere di esultanza, come mettere al mondo un bambino.
L’angoscia si vive spesso in solitudine: gli altri non capiscono, le loro parole sono maldestre, il loro incoraggiamento che vuole minimizzare, che cerca di distrarre dall’ossessione invece che consolare, ferisce ancora di più. (...) La testimonianza dei vangeli rivela che Gesù conosce che cosa proviamo quando siamo angosciati, condivide le esperienze delle persone che piangono e gridano. Con la sua vicinanza insegna a trasformare il grido in preghiera: non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu, Padre!
Il Padre non vuole certo l’angoscia e la passione dolorosa che sarà inflitta al suo Figlio unigenito, il prediletto. Il Padre vuole la salvezza di tutti. Gesù intuisce che per essere fedele alla sua missione di amare tutti, di liberare tutti dalla schiavitù subirà il supplizio e perciò prega: voglio fare la tua volontà, voglio dare la mia vita per tutti, anche a costo di subire dagli uomini il più ingiusto castigo. Perciò eccomi! Voglio compiere la tua volontà, a qualsiasi costo! A costo della vita!”.

E poi della delusione e del tradimento:

“Le persone più care che sono una delusione. Quelli che sono amici quando tutto va bene e che diventano estranei quando avresti bisogno di una mano. Quelli di casa, quelli da cui ti aspetti comprensione, solidarietà, vicinanza quando vengono in momenti difficili. La moglie, il marito, i figli, quelli ai quali ha dedicato tutta la vita: diventano enigmi incomprensibili, si allontanano con risentimento, ti vedono solo per chiedere o per litigare. Che delusione!
Gesù ha sperimentato il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro. (...) Nella desolazione del rinnegamento Gesù ha seminato un principio di conversione. Nulla mai è irrimediabile, se la tristezza diventa invito alle lacrime di pentimento. Pietro, che ha rinnegato, piange e professerà il suo amore, così fragile eppure così determinato: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”.

Del dolore fisico e della malattia:

“(...) Il dolore fisico, quello che viene dalla malattia, scava nella carne e fiacca anche l’anima, fa piangere e gridare. È incomunicabile. Gli altri non possono capire. (...) Prima o poi passiamo tutti attraverso il dolore fisico e la malattia e mendichiamo un po’ di sollievo: “dottore, mi dia qualche cosa!”. Quando il dolore fisico è forte non si riesce a pensare nulla, non si riesce a pregare per niente. (...) Nell’ingiusto soffrire Gesù non ha parole, non ha presenze amiche, non ha sollievo. Che cosa avrà pensato in quelle ore in cui i soldati l’hanno così duramente maltrattato? Gesù ha certo pregato: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Gesù forse a ogni colpo ripeteva: io ti amo lo stesso! Anche se tu mi deridi, io ti amo! Anche se tu mi bastoni, io ti amo. Anche se tu mi sputi addosso, io ti amo. Anche se tu mi odi senza ragione, io ti amo. Anche se tu sfoghi la tua rabbia e poi stasera ti ubriachi per soffocare il senso di colpa e non ha stima di te stesso, io continuo ad amarti, io continuo ad avere stima di te e a soffrire il male che tu mi fai perché tu possa spremere da te il bene che nascondi, l’immagine del Padre che è in te. Io ti amo”.

E, infine, de “L'esperienza che nessuno può raccontare: la morte”:

“Il male ultimo, il male irreparabile, l’ultimo invincibile nemico. Morire. L’abisso inesplorato e terribile. L’enigma incomprensibile. L’esperienza che nessuno può raccontare: la morte. Lo strazio che porta via una persona cara: quello che tutti possiamo raccontare: l’irreparabile. (...) Gesù grida: si annuncia la vittoria, la vita nuova. Proprio perché Gesù è morto, anche la nostra morte non è lo sprofondare nel nulla, ma nel seguire il Signore, nell’entrare nella gloria di Dio, la vita felice, per sempre! Dov’è o morte la tua vittoria?”.

Seguici sui nostri canali