L'invito della Rettrice dell'Insubria: "Commemorare e custodire Papa Francesco"
La Rettrice Maria Pierro: "Rivolgo un invito speciale ai nostri giovani: il momento è di passaggio non solo per il mondo cattolico, ma per l’intera umanità, che chiede pace, dialogo e giustizia"

Anche l'Università degli Studi dell'Insubria si unisce al cordoglio di tutto il mondo per la scomparsa di Papa Francesco. Lo fa con un testo scritto dal professore associato di Diritto Ecclesiastico Antonio Angelucci e l'invito della Rettrice Maria Pierro a "custodire" gli insegnamenti del Santo Padre.
Scomparsa di Papa Francesco, dall'Insubria l'invito a "Commemorare e custodire"
"Papa Francesco, uomo di pace e di speranza, è tornato alla casa del Padre. Fino all’ultimo, anche nella malattia e senza risparmiarsi, ha assolto al suo ministero. Rivolgo un invito speciale ai nostri giovani: il momento è di passaggio non solo per il mondo cattolico, ma per l’intera umanità, che chiede pace, dialogo e giustizia. Da credente, e a livello personale, desidero condividere con tutti voi un momento di riflessione sui valori che ci ha trasmesso, e di memoria".
Così la Rettrice dell’Università dell’Insubria Maria Pierro accompagna il testo "Papa Francesco. Commemorare e custodire", scritto per la comunità accademica da Antonio Angelucci, professore associato di diritto ecclesiastico dell’Ateneo.
"Papa Francesco. Commemorare e custodire"
Di seguito, il testo del professore Antonio Angelucci.
Dalla sede vacante al nuovo pontificato
Il diritto canonico e la tradizione ecclesiastica prevedono una serie di passaggi che regolano la transizione da un pontificato a un altro e che sono stati oggetto di diverse riforme, l’ultima delle quali è stata approvata circa un anno fa proprio da Papa Francesco.
La morte del Romano Pontefice determina immediatamente la vacanza della Sede Apostolica. Il Cardinale Camerlengo assume le funzioni di governo temporaneo della Chiesa, limitatamente agli affari ordinari e a quanto non può essere differito.
I funerali del Pontefice che ora, per la prima volta, seguiranno il rinnovato Ordo Exsequiarum Romani Pontificis approvato il 29 aprile 2024, si svolgeranno nell’arco di diversi giorni. La nuova edizione del testo liturgico, fortemente voluta da Francesco, rappresenta un cambiamento nel cerimoniale funebre pontificio. Come ha spiegato Mons. Diego Giovanni Ravelli, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, si tratta di una riforma che mira a «esprimere meglio la fede della Chiesa in Cristo Risorto» e a sottolineare che «le esequie del Romano Pontefice sono quelle di un pastore e discepolo di Cristo e non di un potente di questo mondo».
Tra le innovazioni più significative vi sono: la constatazione della morte nella cappella e non più nella camera del defunto; la deposizione in un’unica bara di legno e in quella interna di zinco (eliminando la tradizionale triplice bara di cipresso, piombo e rovere); l’esposizione alla venerazione dei fedeli del corpo del Papa già nella bara aperta, non più su un alto cataletto. La riforma del cerimoniale funebre, pur mantenendo le tre stazioni classiche del rito (nella casa del defunto, nella Basilica Vaticana e al luogo della sepoltura in Santa Maria Maggiore), introduce, dunque, significative semplificazioni che mirano a riflettere la costante ricerca di semplicità che ha caratterizzato il pontificato di Francesco.
Dopo i novendiali (le Messe di suffragio celebrate per nove giornate consecutive a partire dalla Messa esequiale), i cardinali elettori (quelli che non hanno compiuto 80 anni) si riuniranno in Conclave per l’elezione del nuovo Pontefice, secondo le norme stabilite dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis.
Il magistero di Papa Francesco: una comunicazione per la fede
Se dovessimo sintetizzare in pochi punti, senza pretese di completezza, l’immenso contributo del pontificato di Francesco, potremmo evidenziare tre dimensioni fondamentali che hanno caratterizzato il suo ministero petrino.
In primo luogo, Francesco ha rivoluzionato il magistero nella comunicazione “per la fede”. La sua preoccupazione costante è stata quella di condividere un messaggio evangelico che potesse raggiungere tutti. Proveniente dalle “periferie” geografiche ed esistenziali (primo pontefice dell’emisfero australe e primo gesuita sulla cattedra di Pietro), ha manifestato un’attenzione particolare affinché tutti volgessero lo sguardo a Colui che può guarire l’umanità sofferente. Il suo linguaggio diretto, le sue immagini vivide (la «Chiesa come ospedale da campo», i «pastori con l’odore delle pecore»), le sue interviste hanno creato un dirompente paradigma comunicativo, senza, peraltro, mai sacrificare il contenuto del messaggio evangelico, in continuità con i suoi predecessori.
Il primo atto comunicativo di questo pontificato fu indicativo nella sua essenzialità: la scelta del nome Francesco. Come il Pontefice stesso rivelò, questa decisione nacque da un’esortazione del Card. Hummes che lo invitava a non dimenticarsi dei poveri. Francesco avrebbe, poi, spiegato il significato del nome scelto, dicendo: «i poveri, i poveri... subito ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi ho pensato alle guerre… e Francesco è l’uomo della pace… l’uomo della povertà… l’uomo che ama e custodisce il creato». Questa confidenza racchiude già l’intero programma che avrebbe sviluppato negli anni successivi.
Per certi versi, ne ha beneficiato l’Italia stessa: come ha osservato lo storico Andrea Riccardi, «la nostra lingua di cultura ha trovato in lui un interprete capace di dare voce alla casa comune, alla fraternità e ai temi della pace, del dialogo e dell’incontro, tutti valori radicati nella nostra tradizione umanistica a partire da San Francesco d’Assisi».
La dimensione contemplativa: Francesco della speranza
Il secondo aspetto caratterizzante è stata la sua profonda attenzione alla vita contemplativa come fonte di speranza. Francesco è stato un profondo amico del mondo claustrale e di coloro che dedicano la loro esistenza alla preghiera “senza la pretesa di volere nulla in cambio”. Significativa è stata la sua amicizia con il Monastero delle Clarisse di Vallegloria di Spello, che visitava privatamente e con cui manteneva contatti telefonici frequenti. Questo legame, condiviso anche con la Famiglia Acutis, rivela un Papa che comprendeva profondamente il valore della contemplazione in un mondo che deve ritrovare speranza (l’anno giubilare è dedicato proprio ad essa).
Fratellanza universale: il dialogo per la pace e la carità
Il terzo elemento distintivo del pontificato di Francesco è stata la sua instancabile promozione del dialogo per la fratellanza e la pace, manifestazione concreta di una carità universale. Il Documento sulla Fratellanza Umana, firmato ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 con il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, rappresenta una pietra miliare nel dialogo interreligioso e nella costruzione di ponti tra culture e fedi diverse.
Emblematico è l’episodio, non noto al pubblico, che seguì quell’evento storico: l’Emiro di Abu Dhabi, assai soddisfatto dell’incontro, manifestò all’allora segretario Mons. Yoannis Lahzi Gaid la sua riconoscenza. Su insistenza del Papa, venne accettata una donazione che fu destinata alla costruzione dell’Oasi della Pietà, un orfanotrofio che accoglie bambini, sia cristiani sia musulmani, al Cairo. Questo progetto incarna perfettamente la visione di Francesco: carità universale, attenzione alle periferie della fraternità, custodia dei piccoli senza distinzione di credo, in modo tale che essi stessi siano, un domani, protagonisti di opere di pace.
Non meno significativa, come si legge nel suo testamento, è stata l’offerta della sofferenza, che ha patito nell’ultima parte della sua vita, «per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli».
Un’eredità da custodire
La sua eredità spirituale è tutta nel messaggio pasquale che il Santo Padre ha lasciato al mondo intero il 20 aprile.
Nel testo sono riassunti i temi centrali del suo pontificato: la speranza cristiana come forza trasformativa; la dignità inviolabile di ogni vita umana; la preoccupazione per le vittime dei conflitti e l’appello alla pace; l'attenzione ai più vulnerabili; l’invito a «prenderci cura gli uni degli altri».
Particolarmente toccante è il passaggio in cui il Papa afferma: «Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano». Tale principio può essere considerato come una chiave interpretativa del suo magistero, che è stato costantemente orientato a riportare la persona al centro, al di là delle convinzioni religiose di ciascuno.
Come comunità accademica, siamo chiamati a preservare e ad approfondire questa eredità.