Contratti pirata, Uniascom e Ascom Saronno rilanciano la battaglia e la allargano a tutti i settori del terziario

Il segretario generale Gallina e il presidente Busnelli chiedono regole chiare a tutela di imprenditori e lavoratori.

Contratti pirata, Uniascom e Ascom  Saronno rilanciano la battaglia  e la allargano a tutti i settori del terziario
Pubblicato:

In provincia di Varese la giungla dei contratti pirata mina la dignità del lavoro.

Contratti pirata, Uniascom e Ascom Saronno rilanciano la battaglia

Per questo Confcommercio provincia di Varese, in coordinamento con Confcommercio Nazionale, rilancia la mobilitazione iniziata da FIPE sul fronte dei pubblici esercizi e amplia la protesta: i contratti pirata non riguardano solo bar e ristoranti, ma l’intero universo del terziario. Secondo una ricerca condotta da Adapt, l’applicazione di tali contratti comporta una perdita retributiva media annua tra i 3.000 e i 4.000 euro, con punte che superano i 6.000 euro, e una mancata contribuzione previdenziale fino a 1.500 euro.

I settori coinvolti e le conseguenze per i lavoratori varesini

Le figure professionali più colpite nel territorio sono cassieri, commessi, magazzinieri, hostess, operatori della vigilanza e dell’assistenza. A questi lavoratori non viene garantito un trattamento economico adeguato né tutte le tutele previste dai contratti nazionali siglati dalle principali organizzazioni sindacali. I contratti pirata, infatti, spesso omettono l'erogazione della quattordicesima mensilità, ignorano la bilateralità obbligatoria e si traducono in livelli di inquadramento inferiori. Ne deriva una profonda disparità salariale e l’impossibilità di accedere a diritti fondamentali come ferie, scatti di anzianità e indennità per malattia e maternità.

Dall’allarme della ristorazione a tutto il terziario

L’allarme FIPE riguardava bar e ristoranti in provincia di Varese, con oltre 4.200 imprese e 11.800 addetti identificati come a rischio. Uniascom, dopo avere rilanciato tale segnale di allarme, richiama l’attenzione anche su tutte le altre categorie coinvolte nel terziario.
«La distorsione contrattuale», osserva Lino Gallina, segretario generale di Uniascom Confcommercio provincia di Varese, «riguarda migliaia di lavoratori invisibili: serve un’azione collettiva per fermare questo fenomeno».

Le categorie più esposte in provincia di Varese

Con più di 390.000 occupati e un comparto terziario che rappresenta il 67 % delle imprese, la provincia di Varese vede cassieri, commessi, hostess, magazzinieri e operatori della vigilanza e assistenza al centro del mercato del lavoro.
La prevalenza di contratti atipici (a chiamata, parasubordinati, tempo determinato), rende queste figure particolarmente vulnerabili sotto il profilo retributivo, contributivo e delle tutele. Questi dati confermano come le categorie sopracitate siano esposte a rischi economici e giuridici, proprio per la natura instabile delle forme contrattuali più diffuse.
Andrea Busnelli, presidente di Confcommercio Ascom Saronno, evidenzia: «In provincia, questi contratti rappresentano una minaccia per migliaia di lavoratori e per gli imprenditori. Non sono solo stipendi più bassi, ma contratti che negano dignità e sicurezza, impoverendo il presente e compromettendo il futuro».
Gallina e Busnelli prendono spunto dalle parole del segretario generale di Confcommercio nazionale, Marco Barbieri, per ribadire l’urgenza di norme chiare che definiscano chi può sottoscrivere contratti collettivi validi.
«È questo - sottolineano - il vero “salario minimo” di cui ha bisogno anche il nostro territorio: un sistema fondato su contrattazione di qualità, welfare bilaterale e tutele concrete per lavoratori e imprese. Serve una risposta normativa che misuri la rappresentatività e che protegga chi ogni giorno contribuisce davvero alla crescita economica e sociale, anche nella nostra provincia».

La diffusione degli enti bilaterali non riconosciuti

A rendere ancora più delicata la situazione è la proliferazione di enti bilaterali «pirata», promossi da organizzazioni scarsamente rappresentative e privi della legittimità prevista dalla legge. Questi enti operano senza garanzie, offrendo certificazioni contrattuali e di appalto che possono legittimare situazioni di dubbia regolarità. Secondo la legge Biagi, la funzione di certificazione può essere svolta esclusivamente da enti bilaterali promossi da associazioni comparativamente più rappresentative. In mancanza di questo requisito, come ribadito dalla circolare INL n. 9/2019, gli atti prodotti non hanno alcuna efficacia giuridica. Gallina sottolinea con forza: «Le imprese varesine devono sapere che affidarsi a contratti ed enti non riconosciuti comporta rischi enormi. È nostro dovere difendere il lavoro regolare e tutelato, e garantire condizioni contrattuali serie che valorizzino i lavoratori e la competitività sana delle aziende».

Welfare e imprenditori

Uniascom rinnova il proprio impegno nella promozione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da parti sociali solidamente rappresentative, contrastando ogni forma di dumping contrattuale. Solo attraverso contratti trasparenti e regolari è possibile tutelare le imprese virtuose, evitare distorsioni nel mercato e valorizzare le competenze professionali.
Un aspetto troppo spesso trascurato riguarda il welfare contrattato, che rappresenta un valore aggiunto fondamentale dei contratti firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative: un modello costruito con equilibrio, capace di offrire tutele concrete e servizi reali sia alle aziende che ai lavoratori. Un dettaglio tutt’altro che secondario, che nella giungla dei contratti pirata fa davvero la differenza, assicurando garanzie e sostegni. «Anche gli imprenditori - conclude Busnelli - sono vittime del sistema dei contratti pirata: chi applica contratti privi di reali garanzie si espone a rischi legali, fiscali e previdenziali, oltre a perdere accesso alla bilateralità, alla formazione, alle coperture assicurative. Difendere la contrattazione collettiva autentica significa proteggere chi fa impresa con serietà». Il settore terziario, che rappresenta oltre il 46% del valore aggiunto dell’economia italiana e coinvolge milioni di lavoratori, merita regole chiare e contratti che assicurino dignità e prospettiva.