Manifestazione fuori dalla Henkel di Lomazzo: "Chiusura è solo una scelta politica"
Stamattina la protesta dei lavoratori che, se non si troverà una mediazione, rischiano di ritrovarsi a giugno senza lavoro
Domani, braccia incrociate in tutti gli stabilimenti Henkel nazionali. Oggi, martedì 16 febbraio, manifestazione e presidio fuori dalla sede di Lomazzo che la proprietà ha deciso di chiudere entro giugno.
Una decisione contro cui non si stanno muovendo solo dipendenti e sindacati anche delle aziende dell'indotto ma sindaci e rappresentanti politici di ogni livello.
Manifestazione fuori dalla Henkel
Sgomento ma nessuna rassegnazione. Non ci stanno e non accettano la decisione della multinazionale tedesca di chiudere lo stabilimento produttivo di Lomazzo che rischia di lasciarli a casa, senza lavoro nè stipendio, nel giro di pochi mesi. Così questa mattina, guidati dalle sigle sindacati, i 150 dipendenti della Henkel e dell'indotto comasco hanno voluto far sentire la propria voce alla vigilia della seconda manifestazione di domani che coinvolgerà non solo il polo di Lomazzo ma tutte le sedi dell'azienda.
"Decisione politica, non economica"
Dipendenti e sindacati confermano una realtà aziendale lontana dall'essere in perdita: di lavoro ce n'è, come dimostrano ferie e permessi congelati solo pochi mesi fa per far fronte al carico di lavoro e l'assenza di richieste di cassa integrazione nonostante l'emergenza Covid. Oltre ai dati di produzione che, aggiungono, segnerebbero un aumento della produttività. Perchè, quindi, chiudere?
La decisione sembra essere di "mera" politica aziendale. Come spiegato dall'europarlamentare Pd Patrizia Toia che ha portato la questione alla Commissione Europea con un'interrogazione, la "croce" sulla fabbrica di Lomazzo risponderebbe alla decisione della multinazionale "di avere un solo stabilimento produttivo per Stato membro (della UE, ndr), indipendentemente da considerazioni economiche più strutturali sulla performance del sito".