Cabiate, a un mese dall'omicidio la mamma di Sharon scrive alla piccola: “Cerco giustizia per te”
Gli avvocati: "Ancora non sappiamo quando potrà essere svolto il funerale ma la comunità si stringa attorno a questa famiglia"
E’ passato un mese dal tragico evento che ha sconvolto la comunità di Cabiate e tutta la provincia di Como. L’11 gennaio l’elisoccorso ha trasportato d’urgenza la piccola Sharon, 18 mesi, in ospedale ma nulla hanno potuto i medici per salvarla. Cosa è accaduto quel pomeriggio, durante il quale la bambina è rimasta sola con il compagno della madre mentre lei era al lavoro? Fin dal primo momento la versione dei fatti dell’uomo è che la piccola avesse avuto un incidente domestico, si sarebbe tirata una stufetta sulla testa. L’autopsia sulla bambina ha raccontato una storia molto diversa: una morte dovuta alle percosse ricevute quel pomeriggio.
Dopo un mese, la mamma di Sharon scrive una lunga lettera alla piccola di Cabiate
Dopo questi sviluppi, è calato il silenzio da parte della mamma della bambina, fino ad oggi. I legali della donna infatti hanno letto davanti al Tribunale di Como e alla stampa una lunga lettera della donna. Di seguito il testo integrale.
“Bambina mia, Sharon, esco dal mio silenzio solo per te. Tu sei nella luce e non mi dimentichi. Tu sei il mio aiuto. Non capisco come ma tu conosci il cammino per arrivare a me. Dammi la forza di non arrendermi, stammi accanto ora che ho perso ogni certezza. Ti ho avuto che ero ancora ragazza e hai subito illuminato la mia vita. Ti ho custodita tra le mie braccia e cullandoti mi immaginavo un futuro dove saremmo cresciute insieme. Io mamma e tu figlia. Saresti presto diventata anche come una sorella. Ora che un tragico destino ha spezzato i nostri sogni penso al tuo sorriso, rivedo il tuo volto, accarezzo i tuoi capelli come quando mi venivi incontro al ritorno a casa dal lavoro e mi facevi le feste e volevi che dopo mia mamma io ti prendessi in braccio per uno scambio di coccole. Tu a me e io a te. Quanta dolcezza in te piccola bambina. So che anche se non ti vedo ci sei sempre, sei tra gli angeli e vegli su di me. Ti penso felice come quando giocavi serena. Come me ti fidavi e come me sei stata tradita.
Non so cosa possa essere accaduto in quelle ore in cui eri a casa mentre io ero al lavoro per me e per te. Per noi per poter vivere dignitosamente. E’ stata l’unica volta che non eri con me o con mia mamma e ti ho seguita assiduamente anche se a distanza. Telefonavo ogni ora per sapere cosa facevi e come stavi. Quel maledetto pomeriggio dell’11 gennaio ho chiamato tante volte e sono stata ingannata, mi veniva detto che stavi bene, che era tutto a posto ma sentivo nel cuore che c’era qualcosa di sbagliato e ho insistito ancora per accertarmi delle tue condizioni. Mi è stata inviata una foto con il telefonino e sembravi quasi assopita. Ho chiesto spiegazioni e ancora una volta mi è stato detto che non era niente, che ti eri solo fatta un po’ male mentre giocavi. Mi sono allarmata ancora di più e mi è stata mandata un’altra foto dove si vedevano segni sul tuo volto. Mi sono infuriata, mi scoppiava il cuore. Nonostante le mie insistenze richieste, mi venivano date ancora rassicurazioni che andava tutto bene. I miei dubbi e le mie paure si facevano sempre più grandi e ho chiamato mia mamma perché venisse da te, mia piccola bambina, per controllare se davvero era tutto a posto. Purtroppo invece i miei timori si sono rivelati fondati, non quelli di una persona eccessivamente ansiosa, ma di una mamma giustamente preoccupata. La tua nonna, mia madre, è venuta subito a trovarti e ha capito immediatamente che stavi male, eri in gravi condizioni e ha chiamato i soccorsi. Mia bambina ti hanno portato con l’elicottero in ospedale e poche ore dopo non respiravi più. Improvvisi il freddo e il buio sono calati dentro di me.
La persona con cui da pochi mesi avevo messo su famiglia e che diceva di volerti bene continuava a ribadire che ti eri fatta male in un incidente domestico. Nella tragedia invece si nascondeva invece una crudele e irrazionale e inaccettabile verità. Mia piccola Sharon, eri troppo piccola per morire da vittima. E’ scritto che chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli sarebbe meglio per lui che gli fosse appena al collo una macina e fosse gettato negli abissi nel mare. Guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo. Non cerco vendetta ma giustizia, per te mia amata creatura. In un pomeriggio ho perso te mia amata e la fiducia e il sentimento di chi era al mio fianco. Ho perso tutto. Mi stringo a te piccola mia bambina, sono tornata figlia dopo essere stata madre. Solo mio papà, mia mamma e mia sorella, con il loro dolce abbraccio mi confortano e mi danno ancora una speranza. Ciao Sharon, resta con me”.
Gli avvocati hanno spiegato: “La mamma si è trovata nella necessità di esprimere tutto il suo dolore. Con questa lettera ha voluto esprimere la propria sofferenza, il disarmo davanti a una situazione che ha travolto la famiglia, la comunità. E’ stato un voler che le persone conoscano Silvia e il dolore di una mamma”. Ora la famiglia che chiede giustizia e annuncia che si costituirà parte civile nel processo penale.
“Voglio fare un appello alla comunità cabiatese, invitandoli ad abbracciare forte questa famiglia – ha aggiunto l’avvocato – Non solo in occasione del funerale che non sappiamo ancora quando sarà. Vorrei invitare tutta la comunità a stringersi attorno alla famiglia per sciogliere il silenzio che c’è oggi in quella casa”.