Lo studio

Tamponi: "Ora si deve dire quanto un caso è positivo: con bassa carica, non infetta"

"Non possiamo fermarci al positivo/non positivo: tanti nuovi casi ma con carica virale bassissima che difficilmente possono infettare qualcuno"

Tamponi: "Ora si deve dire quanto un caso è positivo: con bassa carica, non infetta"
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In collegamento dalla sala stampa della Regione, il presidente del San Matteo di Pavia Alessandro Venturi, il responsabile del
Laboratorio Virologia Molecolare del Policlinico San Matteo Pavia, Fausto Baldanti, e il professor Giuseppe Remuzzi dell’IRCCS Istituto Mario Negri hanno presentato i dati del primo studio italiano sulla presenza di virus infettante a bassa carica nei tamponi di pazienti clinicamente guariti.

Tamponi positivi: sì, ma quanto?

E' il momento di non fermarsi al tampone positivo ma di dire anche "quanto è positivo". E' il primo passo chiesto dal professor Remuzzi alla luce dei risultato del loro ultimo studio su 280 pazienti clinicamente guariti (quindi senza sintomi) ma con tampone positivo.

"A questo punto dell'epidemia, molto diverso dai primi mesi, è importante che quando diciamo che un tampone è positivo lo qualifichiamo, e cerchiamo di dire quanti sono quanto è forte la carica virale. E' in base a quello che si può qualificare il tampone e capire se è davvero positivo o se contiene solamente materiale di un virus che c'è stato in passato ma che adesso non è più in grado di infettare - ha chiesto Remuzzi - Tempo fa c'erano asintomatici con carica virale alta, che poco dopo sviluppavano malattia, e probabilmente erano ancora più contagiosi dei sintomatici. Ma adesso la malattia non c'è più, che i pre-sintomatici non ci sono, i tamponi che facciamo hanno una quantità di materiale virale così bassa da essere incapaci di infettare le cellule. Ed è molto difficile che questi pazienti possano contagiare altre persone.  E' importante dirlo ed è importante andare oltre a "tampone positivo" o "nuovi contagi in lombardia". Adesso è il momento di dire quanto è positivo. Sappiamo che altri microbiologi hanno gli stessi dati di Baldanti, tutti li hanno. Le persone devono sapere che si parla di tamponi positivi con carica virale bassissima che difficilmente possono essere contagiosi".

Lo studio

Lo studio è stato condotto su 280 pazienti "clinicamente guariti", quindi che non presentavano più sintomi, e che avevano ottenuto un tampone positivo. I loro tamponi sono stati analizzati e il materiale virale è stato "messo alla prova" per capire se fosse o meno infettivo. Il come lo ha spiegato Baldanti, che ha spiegato anche come funziona l'individuazione del virus:

"Il tampone rileva una porzione del virus. Se c'è questa porzione, quindi, c'è il virus. Ma questa presenza non indica se il genoma è ancora integro, e quindi è infettante, oppure no. Quando si risolve un'infezione le cellule infette muoiono e con quelle il virus. I frammenti virali vengono poi eliminati nel tempo. Il modo per verificare direttamente se virus è infettante o no in un campione, è prenderlo e metterlo in coltura cellulare. Se il virus è integro allora infetta le cellule. Questo è quanto abbiamo fatto su fatto su 280 soggetti clinicamente guariti con cariche basse: di questi solo il 3%, 8 campioni, ha dato segnali di infettività. Questo significa che in fase di risoluzione della malattia il virus è principalmente non infettante".

Preso per dire addio a distanze e mascherine

Un dato importantissimo, e un "ventaglio di positività" che si spera di rivedere nei bollettini regionali, che però non può giustificare un allentamento delle disposizioni di protezione minime: mascherina e distanza. Mentre infatti lo studio ha riguardato positivi al termine della "storia clinica" del coronavirus, "non possiamo sapere se la persona che incontriamo per strada si trova in questa fase e ha quindi una carica virale bassa o ne ha una altissima, ed è quindi importante continuare con quei comportamenti che hanno portato ad abbassare la carica virale oggi", ha spiegato Remuzzi. Che comunque ha dato un altro dato (molto più empirico):

"Dal momento che in ospedale, almeno a Bergamo, malati di Covid non ne vediamo più, trovare questi tipi di malati (asintomatici e pre-sintomatici con alta carica virale, quindi più contagiosi, ndr) in questo periodo dell'anno è difficile. Non è detto che ad ottobre resti ancora tutto così. E dal momento che la Lombardia è all'attenzione di tutt'Italia per i nuovi contagi, è importante sapere che si tratta di persone con le caratteristiche spiegate da Baldanti".

Bassissima carica e potenzialità di contagio quasi a zero.

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