Battaglia sui dati del contagio, Fondazione GIMBE "contro" la Regione: "Magheggi sui numeri"
Secondo Cartabellotta, "troppe stranezze" nei dati lombardi. La Regione: "Parole gravissime, offensive e non corrispondenti al vero"
I numeri sull'andamento dell'epidemia di coronavirus raccolti e comunicati dalla Regione Lombardia non convincono, di nuovo, la Fondazione GIMBE. Il Presidente Nino Cartabellotta a Radio24: "In Lombardia troppe stranezze sui dati".
Battaglia sui dati, i tanti dubbi
Che la Regione abbia scelto una linea tutta propria per la comunicazione dei dati relativi all'epidemia di coronavirus ormai è cosa nota: non si arriva oltre a quelli pubblicati nel bollettino giornaliero, e ormai nemmeno più spiegati e commentati dall'assessore di turno. Il risultato è l'impossibilità di svolgere analisi puntuali degli andamenti. Ad esempio, Regione nonostante abbia uno dei migliori portali "open data" nazionali, non comunica la distribuzione provinciale dei tamponi, nè ilo numero di quelli "diagnostici" rispetto quelli "di controllo". Ma non sono gli unici a mancare: ormai è acclarato che i tamponi comunicati giornalmente sono stati raccolti anche giorni (quando non settimane) prima, e questo ovviamente va ad "inquinare" la bontà dei dati snocciolati ogni sera.
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Ma anche al netto di quali dati vengano comunicati, c'è anche il problema della loro raccolta. A inizio mese la Fondazione GIMBE aveva già fatto notare come fosse fuorviante la litania della Lombardia "Regione che fa più tamponi d'Italia" quando il dato rapportato con il totale della popolazione la relegava dietro persino all'Umbria. In quell'occasione, il presidente della Fondazione GIMBE Nino Cartabellotta aveva già avanzato un dubbio, affermando "il Governo, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown". Ora un nuovo affondo.
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"Troppe stranezze in questi tre mesi"
Secondo Cartabellotta, "in Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi". Quali?
"Soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti andando ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti - spiega - e alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati, cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza quando c’erano moltissimi casi ma molto meno ora, eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa Fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati. La Lombardia probabilmente ha avuto questa enorme diffusione del contagio in una fase precedente al “caso 1” di Codogno e le misure di lockdown, come avevamo chiesto noi all’inizio di marzo, dovevano essere più rigorose e restrittive. Noi avevamo chiesto la chiusura dell’intera Lombardia, un po’ come Wuhan, perché era evidente che quel livello di esplosione del contagio non poteva che essere testimonianza di un virus che serpeggiava in maniera molto diffusa già nel mese di febbraio. Non è stato fatto, sono state prese tutta una serie di non decisioni, come la non chiusura delle zone di Alzano Lombardo e Nembro, che hanno determinato tutto quello che è successo nella Bergamasca, e poi una smania ossessiva di riaprire. La nostra grossa preoccupazione è che in questo momento la situazione lombarda sia quella che uscirà per ultima da questa tragedia, perché se si chiude troppo tardi e si vuole riaprire troppo presto, e si combinano anche dei magheggi sui numeri, allora è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare l’epidemia ma è quella di ripartire al più presto con tutte le attività, e questo non lascia tranquilli".
Lo scopo di questi "magheggi", come li definisce il numero uno della Fondazione GIMBE, sarebbe dunque quello di "diluire" nel tempo la rilevazione dei casi per evitare un nuovo lockdown. E d'altra parte che ci sia una gran parte dei casi che sfugge, o è sfuggita, alle tamponature della regione è cosa ormai nota, ed ancora più evidente dopo i 168 nuovi casi registrati a Bergamo ieri e trovati solo grazie ai test sierologici cui si erano sottoposti volontariamente.
"È un cane che si morde la coda - conclude Cartabellotta - da una parte non si vogliono fare troppi tamponi per evitare di mettere sul piatto troppi casi, dall’altro non identificando questi casi si alimenta il contagio, tanto che, secondo la valutazione che pubblichiamo oggi, negli ultimi 23 giorni, dal 4 al 27 maggio, la Lombardia ha il 6 per cento di tamponi diagnostici positivi, e sottolineo “diagnostici” perché se mettiamo al denominatore tutti i tamponi fatti (come fa giornalmente la Regione nelle sue infografiche, ndr) è chiaro che questa percentuale artificiosamente scende".
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"Affermazioni inaccettabili"
Dalla Regione secca e durissima la replica alle parole "gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero" di Cartabellotta:
"In Lombardia – prosegue la nota – fin dall’inizio della pandemia i dati vengono pubblicati in maniera trasparente e inviati alle Istituzioni e alle autorità sanitarie preposte. Nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’ISS ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione. È dunque inaccettabile ascoltare simili affermazioni, che ci auguriamo vengano rettificate da chi le ha pronunciate".
La decisione di querelare
“Regione Lombardia, attraverso il proprio ufficio legale, ha deciso di presentare una querela contro la fondazione GIMBE e il suo presidente Nino Cartabellotta. Un atto inevitabile, il nostro, dopo quanto affermato dal presidente della fondazione che, parlando dei dati sanitari della Lombardia, ha dichiarato, fra l’altro, che ‘si combinano anche dei magheggi sui numeri'” ha comunicato Regione con una seconda nota. “Accuse intollerabili e prive di ogni fondamento – si legge nella Nota – per le quali il presidente di GIMBE dovrà risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianianamente e con la massima trasparenza all’Istituto Superiore Sanita’”.