Evade dal carcere durante la visita al Sert
Aveva ottenuto un permesso dal Magistrato di Sorveglianza per essere accompagnato da un volontario al Servizio Tossicodipendenze.
Evade dal carcere di Busto Arsizio durante la visita al Sert: era in permesso.
Evade dal carcere di Busto Arsizio durante la visita al Sert
Aveva ottenuto un permesso dal Magistrato di Sorveglianza per essere accompagnato da un volontario del carcere al SERT – Servizio Tossicodipendenze – fuori dalla struttura detentiva di Busto Arsizio dove era ristretto, ma, durante il colloquio, ha eluso la sorveglianza dell’uomo ed è fuggito, facendo perdere le sue tracce. “Tecnicamente si tratta di evasione, e questo non può che avere per lui gravi ripercussioni se non si costituisce al più presto”, spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE. “L’uomo è un detenuto di etnia rom, con lungo trascorso di detenzione nelle carceri, per minori e per adulti, ed era ristretto nel carcere di Busto Arsizio. Si era già reso protagonista di allontanamenti da strutture terapeutiche e lunedì scorso era stato coinvolto nel rinvenimento di due telefoni cellulari in carcere. Ciò nonostante, il Magistrato di Sorveglianza di Varese non ha voluto sospendere il colloquio al Sert e lo ha fatto uscire in permesso. E l’uomo è fuggito”, aggiunge il Segretario regionale SAPPE della Lombardia Alfonso Greco.
Il commento di Donato Capece
Capece giudica la condotta del detenuto “un evento irresponsabile e gravissimo, per il quale sono già in corso le operazioni di polizia dei nostri Agenti della Penitenziaria finalizzati a catturare l’evaso. Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8/10 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. Il carcere non è terra di presunti innocenti e disgraziati. E’ anche terreno fertile di violenti, criminali e delinquenti che sfogano la loro frustrazione verso le leggi dello Stato contro le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, che stanno in prima linea 24 ore al giorno e non solamente i pochi minuti di annunciate visite politiche, utili solo alla visibilità di chi le effettua. E verso di loro, se vogliamo che la certezza della pena non sia solamente un concetto astratto, vanno adottate efficaci misure di contrasto a comportamenti gravi e inammissibili, come il possesso di telefoni cellulari in carcere, e non certo la concessione di un permesso…”.