lo studio

Intelligenza artificiale e imprese: la ricerca della Liuc

La maggior parte delle aziende si trova ancora in una fase di test o di adozione iniziale, con un approccio pilota controllato, spesso limitato a specifici reparti

Intelligenza artificiale e imprese: la ricerca della Liuc

La Generative AI (GenAI) sta rivoluzionando i processi aziendali, soprattutto quelli knowledge-intensive, ma il percorso di adozione da parte delle imprese è ancora in una fase iniziale. Questo è il dato principale che emerge dallo studio condotto da AUSED con il Digital Transition Hub dell’Università LIUC di Castellanza.

Intelligenza artificiale e imprese: la ricerca della Liuc

La ricerca si basa su un campione di 54 CIO, tutti associati ad AUSED: la quota maggiore si riferisce ad aziende ubicate in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, con prevalenza di imprese manifatturiere. Tema dello studio: l’analisi dello stato attuale della GenAI, sulla sua potenziale traiettoria e sulle sfide e i bisogni delle imprese. ​ I dati raccolti mostrano che, nonostante le aspettative, solo una piccola percentuale della forza lavoro, tra lo 0,1% e lo 0,5%, è stata coinvolta nei progetti pilota. ​Le aziende rispondenti all’indagine riconoscono in realtà un impatto positivo della Generative AI sulla produttività individuale (il 70% segnala una riduzione dei tempi operativi, il 67% un aumento dell’efficienza, il 40% un miglioramento della qualità dell’output) ma solo il 17% misura questi benefici con KPI strutturati. È una distanza significativa, che racconta quanto sia importante passare dalla percezione all’evidenza, dalla sperimentazione all’impatto misurabile.

Un dato che smentisce l’idea che un alto numero di dipendenti corrisponda automaticamente a un’adozione diffusa. ​ La maggior parte delle aziende si trova ancora in una fase di test o di adozione iniziale, con un approccio pilota controllato, spesso limitato a specifici reparti come l’IT o l’headquarter. ​

“La Generative AI rappresenta oggi una delle leve più potenti per la trasformazione delle imprese. Non è una tecnologia che sostituisce le persone, ma uno strumento che amplifica la loro capacità di pensare, creare e decidere. Per coglierne davvero il valore serve però conoscenza: comprendere i modelli, i loro limiti e i contesti di applicazione è la chiave per usarla in modo efficace e responsabile. La vera sfida non è adottare l’AI, ma far crescere la cultura digitale all’interno delle organizzazioni. In questo percorso l’IT svolge un ruolo centrale: fungendo da guida strategica, abilitatore tecnologico e garante della governance; è richiesto un impegno corale che coinvolge organizzazione, processi e tecnologia. Solo dove le persone sviluppano consapevolezza e competenze l’AI diventa un motore di innovazione sostenibile, capace di generare valore reale per il business e per la società”, commenta Antonella Periti, socio AUSED .

Non c’è ancora un cambiamento culturale

Ad oggi, dunque, pochi progetti prevedono policy chiare, team dedicati all’AI o monitoraggio tramite KPI. Il change management è ancora poco presente, e la responsabilità delle iniziative è quasi sempre in capo alla funzione IT. Questo evidenzia una maturità organizzativa ancora bassa, dove l’adozione tecnologica non è accompagnata da un vero cambiamento culturale o gestionale. Le funzioni più coinvolte sono: IT (80%); R&D (25%); Customer Service (20%); HR e Marketing (<10%).

“Con la ricerca – spiega Aurelio Ravarini, Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale e Sistemi Informativi e Direttore del Digital Transition Hub dell’Università LIUC – abbiamo rilevato che circa l’80% delle imprese considerate si trova tra la sperimentazione e l’adozione iniziale, mentre solo il 15% ha definito policy, KPI e piani di formazione strutturati. E’ il segnale di un processo la cui governance istituzionale è ancora nelle sue fasi iniziali, peraltro contrapposta a un utilizzo individuale molto diffuso dei GenAI chatbot. Questo indica che il percorso da intraprendere non riguarda solo la tecnologia, ma la capacità di tradurre le sperimentazioni in strumenti integrati che portino valore alle aziende”.

Le principali preoccupazioni

I task più supportati dalla GenAI includono la redazione e revisione documentale, la traduzione linguistica, la sintesi di contenuti, la comunicazione interna e il supporto decisionale.
Le principali preoccupazioni riguardano la gestione del rischio, la compliance normativa, la scalabilità e l’impatto sulle competenze interne. Molte aziende temono di non avere le risorse o la cultura organizzativa adatta per integrare la GenAI in modo efficace. Alcune stanno posticipando l’adozione in attesa di maggiore chiarezza su governance, ROI e impatti operativi. Il rischio più diffuso è quello di restare bloccati nella fase di test, senza una vera strategia di scalabilità.

Le differenze tra i settori sono evidenti: il manifatturiero, caratterizzato da un alto rischio reputazionale e da una forte regolamentazione, tende a essere più cauto e a limitare i test a funzioni interne. ​ Al contrario, i settori dei servizi e delle attività knowledge-intensive mostrano una maggiore propensione a scalare verso funzioni customer-facing, come il marketing e le risorse umane. ​ Anche la cultura aziendale gioca un ruolo cruciale: le aziende europee, più orientate alla compliance, si muovono con maggiore prudenza rispetto alle loro controparti americane, che adottano un approccio più tech-driven. ​

Non mancano però le sfide. La lentezza nello scaling rappresenta un rischio competitivo, mentre la mancanza di competenze, il budget limitato e le preoccupazioni legate alla privacy e alla cultura organizzativa sono ostacoli significativi. ​ Inoltre, il bias IT-centrico e manifatturiero rischia di limitare la percezione del potenziale della GenAI, concentrandosi principalmente sull’efficienza e trascurando la possibilità di creare nuovi modelli di business. ​

Su cosa devono concentrarsi le imprese

Per superare queste difficoltà e scalare l’adozione della GenAI, le imprese devono concentrarsi su diversi aspetti strategici. ​ Dalla ricerca emerge come sia fondamentale sviluppare modelli di governance efficaci, implementare policy e linee guida chiare, e monitorare i progressi attraverso KPI codificati. ​ L’impatto della GenAI sulle persone richiede un’attenzione particolare, con percorsi di formazione mirati e strategie di change management per supportare l’evoluzione delle mansioni. Inoltre, un’analisi settoriale e un confronto con le best practice internazionali possono fornire preziosi spunti per accelerare l’adozione e massimizzare i benefici.

“La formazione continua – dichiara Alessandro Caleffi, consigliere AUSED con delega alla comunicazione – è il primo passo per affrontare con consapevolezza l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle imprese. Ma da sola non basta: serve un ecosistema di confronto, dove il networking tra aziende, esperti e istituzioni diventa leva strategica per condividere esperienze, dubbi e soluzioni. In tutto questo, non dobbiamo mai dimenticare che l’uomo deve restare al centro. Le decisioni sull’AI non possono essere solo tecnologiche: devono riflettere valori, responsabilità e visione organizzativa”.

La Generative AI rappresenta una straordinaria opportunità per le imprese, ma il suo successo dipenderà dalla capacità di affrontare le sfide organizzative e culturali, di investire in competenze e di adottare un approccio strategico alla trasformazione digitale. ​ Solo così sarà possibile trasformare i test iniziali in un’adozione diffusa e integrata, capace di generare valore reale e duraturo.