Serata del GAT sui satelliti di Giove riscoperti dalla sonda Juno
Protagonisti della prossima serata del Gruppo Astronomico Tradatese la sonda Juno e il satellite gioviano Io
La serata organizzata dal GAT, Gruppo Astronomico Tradatese per lunedì 3 giugno alle 21 al cinema Grassi di Tradate avrà un protagonista straordinario: il satellite gioviano Io che, grazie al calore iniettato dalle maree di Giove, possiede almeno 400 vulcani in perenne attività.
I satelliti di Giove al Grassi per la nuova serata del GAT
Relatore della serata sarà il dottor Cesare Guaitache presenterà alcune fantastiche immagini del leggendario satellite, riprese nelle scorse settimane dalla sonda Juno in orbita attorno a Giove dal luglio 2016. Titolo della conferenza: "I satelliti di Giove riscoperti dalla sonda Juno".
L'inizio di tutto
Era il 9 Marzo 1979 quando Linda Morabito, una giovane ricercatrice del team del Voyager 1, fece la scoperta della vita: analizzando una delle immagini di una falce Io che il Voyager 1 aveva ripreso da 4,6 milioni di km, la Morabito scoprì due alti pennacchi di materiale
che si sollevavano dal satellite.
Era il primo indizio di una della più grandi scoperte della storia della planetologia: quella secondo cui su Io, la luna ‘galileiana’ più vicina a Giove, c’era un intensa attività vulcanica, stimolata dalle violenti maree che ad ogni orbita di Io ne sollevano ed abbassano la crosta di quasi mezzo chilometro.
La missione Galileo
La composizione delle emissioni vulcaniche di Io fu uno degli obiettivi primari della missione Galileo (34 orbite gioviane dal 7 dicembre 1995). Il materiale emesso risultò principalmente costituito da S (Zolfo) e SO2 (anidride solforosa). Lo Zolfo è bianco alla temperatura tipica della superficie di Io (-180°C) ma si incupisce fino a diventare nero a 6-700°C. Le centinaia di macule scure che disseminano la superficie del satellite sono quindi automaticamente interpretabili come bocche (o laghi) ricolmi di lava (sulfurea) fusa.
La sonda Juno
Dopo più di 20 anni dalla fine della missione Galileo (Settembre 2002) lo studio dei vulcani di Io ha potuto riprendere nei mesi scorsi grazie alle peripezie della missione Juno, che pure era nata per la sola esplorazione di Giove, ovvero con caratteristiche orbitali tali da trascurare quasi completamente i satelliti.
Juno venne infatti inizialmente inserita (luglio 2016) attorno a Giove in un’orbita polare molto eccentrica ( 4000 x 8 milioni di km) percorsa in 53 giorni, dalla quale era praticamente impossibile osservare da vicino i satelliti. Siccome dopo 32 di queste orbite la navicella era ancora
in perfetta efficienza, la NASA decise a gennaio 2021 di prolungare la missione di altre 45 orbite (!), questa volta modificandone l’orbita in favore dei satelliti maggiori.
Ne è nata una serie di incontri con l’infuocato Io che è stata denominata, FIRE (Flyby of Io with Repeat Encounter): tra questi, due straordinari flyby stretti da 1500 km il 30 dicembre 2023 (PJ57) e il 3 febbraio 2024 (PJ58).
Una serie di meravigliose riprese dei vulcani di Io sia in luce ottica (camera JunoCAM) che in luce infrarossa (camera ITALIANA JIRAM) ha permesso di svelare altri misteri del satellite, in particolare cosa si cela sotto la sua superficie per giustificare un vulcanesimo che, secondo le
ultime ipotesi, potrebbe essere attivo da qualcosa come 4 miliardi di anni.