Infermieri in fuga dalla provincia di Varese. Monti (Lega): "Servono misure concrete"
La situazione è sempre più critica, e nei prossimi anni è destinata a peggiorare
La fuga di infermieri dalle zone di confine, e in particolare dalla provincia di Varese, continua a preoccupare. Questa mattina, martedì 19 settembre, se ne è parlato in Commissione regionale Sanità alla presenza di diverse sigle sindacali tra cui OPI, SIDMI, CGIL FP LOMBARDIA, CISL FP LOMBARDIA e UIL FP LOMBARDIA.
Infermieri in fuga, pensionamenti in vista e poche iscrizioni
La situazione preoccupa e il tema scalda la politica come sempre quando si parla di sanità e dei suoi problemi in una Regione che ne ha sempre fatto vanto e un fiore all'occhiello: ci sono pochi infermieri, e quelli che ci sono spesso scappano oltre confine, dove gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori. Una concorrenza, quella svizzera, che però è solo una delle cause della carenza di infermieri nel territorio del Varesotto, insieme a una, evidente, scarsa appetibilità della professione.
Un quadro allarmante
I dati parlano chiaro: in provincia di Varese ci sono 5079 infermieri iscritti, 5,5 ogni mille abitanti. Meno della media nazionale (6,3 ogni mille) e lontanissimo da quella europea (8,3 ogni mille).
"Di questi - riporta il presidente della Commissione, il consigliere regionale della Lega Emanuele Monti - l'87% è rappresentato dal genere femminile. L'età media degli infermieri si colloca tra i 55 e i 65 anni, con circa 2100 professionisti potenzialmente in uscita dal servizio nei prossimi 5/10 anni; quindi, quasi uno su due andrà in pensione. Parallelamente, le domande di iscrizione al corso di laurea in Scienze Infermieristiche dell'Università dell'Insubria sono appena sufficienti a coprire i posti disponibili, impedendo una reale selezione degli studenti e aggravando la carenza di personale".
Spostando la lente sulle strutture sanitarie, fra Asst Sette Laghi e Valle Olona mancano circa 180 infermieri, con ulteriori criticità per gli Infermieri di Famiglia e Comunità finanziati da Regione Lombardia ma non ancora in servizio. Nelle 58 RSA che nel territorio contano oltre 11mila posti letto, ci sono solo poco più di 200 infermieri a disposizione. Uno ogni 55,4 ospiti, la metà del necessario. "La situazione è critica", ammette Monti.
Contromisure e necessità
Finora le misure messe in campo non sono servite a molto.
"Il Decreto 1000 Proroghe ha liberalizzato l'ingresso dei professionisti extra comunitari, ma le difficoltà linguistiche rendono il loro inserimento problematico e poco sicuro. Gli Ordini professionali non dispongono di dati o valutazioni sulle competenze di questi infermieri - spiega Monti - Inoltre, la vicina Svizzera sta attirando un numero crescente di professionisti oltre confine, grazie a retribuzioni nettamente superiori e una stabilità nell'organizzazione del lavoro. Per questo servono incentivi economici per le fasce di confine; implementazione di un welfare di confine, con servizi come asili nido convenzionati con aperture compatibili agli orari di lavoro e sgravi su affitti o mutui; campagna di valorizzazione della professione a livello regionale e nazionale; tasse universitarie agevolate e borse di studio per i percorsi post-laurea, come i master per Infermieri di Famiglia e Comunità. Il mio impegno – sottolinea Monti – è di lavorare con tutte le parti interessate per implementare queste proposte e garantire una situazione più stabile e soddisfacente per gli infermieri della provincia di Varese".
Astuti: "Problema urgentissimo, Regione garantisca risorse e carriera"
Dalle opposizioni la richiesta di intervento a Palazzo Lombardia è chiara, e non è certo nuova:
"La situazione della presenza degli infermieri è molto carente e prossimamente sarà ancora più grave - fa sapere il consigliere Pd Samuele Astuti - A questo punto, la promozione della professione e il giusto riconoscimento economico sono diventati urgentissimi. Regione deve finanziare borse di studio per le professioni infermieristiche, sostenere economicamente gli studenti che vogliono iscriversi alla facoltà di infermieristica e per il personale in servizio deve riconoscere i percorsi di carriera e risorse aggiuntive nella contrattazione decentrata per gli stipendi".
Proprio il Gruppo regionale dei dem ha depositato la proposta di legge sul direttore assistenziale, come già avvenuto nella Provincia autonoma di Trento e in Emilia-Romagna:
"L’istituzione di questa figura aprirebbe, sia nel territorio che nelle strutture complesse, percorsi di carriera di tutto il personale infermieristico e interverrebbe in maniera vera e seria nel riconoscere alle professioni sanitarie ruoli dirigenziali importanti, come la formazione universitaria prevede", spiega.
“Queste sono sicuramente le prime azioni possibili da fare da parte della Regione, ma il tema della professione infermieristica va affrontato costruendo un’azione sia regionale che nazionale, affinché gli infermieri assumano il ruolo che gli spetta nella sanità italiana”