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Anche Bianchi chiama il congresso: "Responsabilità del disastro non è di Draghi"

Aria tesa nella Lega dopo i risultati delle elezioni. Bianchi: "Ecco alcune delle ragioni profonde del disastro elettorale della Lega"

Anche Bianchi chiama il congresso: "Responsabilità del disastro non è di Draghi"
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Come il collega di partito Paolo Grimoldi, anche Matteo Bianchi non risparmia gli strali verso i vertici della Lega, il "suo" partito, dopo i deludenti risultati della tornata elettorale: "Ecco le ragioni del disastro".

Lega, Bianchi come Grimoldi: "Subito a congresso"

Non le manda a dire, nemmeno lui. Libero, come lui stesso scrive, di non "dover più nascondere un pensiero". Il crollo di consensi per la Lega getta benzina sul fuoco di un malumore che, evidentemente, l'ex deputato di Morazzone Matteo Luigi Bianchi covava da tempo. Da ben prima, probabilmente, di vedersi candidato dalla segreteria nazionale al terzo posto del collegio plurinominale, una posizione praticamente ineleggibile. Come è stato.

E secondo Bianchi i segnali di un risultato ben sotto speranze e aspettative "c'erano tutti". E mentre c'è chi imputa i numeri in calo alla scelta di far parte del Governo di unità nazionale di Mario Draghi, lui indica cause tutte interne al partito. Cause la cui responsabilità, ça va sans dire, ricadrebbe su Matteo Salvini.

"Tanto tuonò che piovve! - ha scritto Bianchi sulla sua pagina Facebook - Le avvisaglie c’erano tutte: destrutturazione del partito sui territori, abbandono frettoloso dei temi sui quali la Lega è nata e cresciuta per andare in cerca di un facile consenso a latitudini in cui l’alta volatilità del voto è da sempre cosa nota; non ultimo, la selezione dei candidati eleggibili in Parlamento in base a logiche di vicinanza e accondiscendenza verso i piani alti, senza riguardo per la base e per il suo legittimo desiderio di mandare a Roma persone che siano realmente rappresentative del proprio territorio.
Ecco alcune delle ragioni profonde del disastro elettorale della Lega: quella Lega che è la mia casa, nella quale sono stato amministratore locale e dopo 20 anni di gavetta e di trincea, ho avuto l’onore di rappresentare la nostra provincia alla Camera dei Deputati.
Onore cui, in ogni caso, sono stato pronto a rinunciare senza indugio, quando mi è stato chiesto di candidarmi a sindaco della nostra Varese, perché il bene della comunità e il gioco di squadra vengono prima di qualsiasi ambizione personale.

Ora terminerà la mia esperienza da parlamentare, ma non il mio impegno in Lega, che porterò avanti da militante e da consigliere comunale di Varese: non mi interessano posti di sottogoverno -che pure mi sono stati promessi, non si capisce bene a che titolo e perché-.
Non è questione di posti o di prebende: la mia dignità politica e umana non è in vendita e le cariche che ho ricoperto nelle istituzioni le ho sempre ottenute grazie al voto popolare.
Ora è tempo di fare una seria riflessione in sede di assemblea congressuale. Non quelli delle piccole sezioni ma i congressi regionali e nazionale!

Non si può pensare di ricondurre le responsabilità del disastro a Draghi e un partito non può reggersi sulla fede, sui commissariamenti e sulla criminalizzazione del dissenso.

Noi siamo nati per far crescere i nostri territori: per questo invito i militanti a chiedere la convocazione immediata dei congressi tramite i propri segretari/commissari di sezione.
Ripartiamo da una discussione franca su dove vogliamo andare. E ricordiamo a chi di dovere che la linea politica la decide la base, non qualche cerchio magico".

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