Assolombarda: "Un tetto al costo del gas"
I prodotti energetici sono tra le materie prime che hanno registrato i maggiori rialzi nel recente passato
I prezzi delle materie prime restano elevati, tra cui il gas, sebbene inferiori ai picchi innescati dalla guerra. Cresce, inoltre, la volatilità e con essa la complessità di gestione per le imprese. È quanto emerge dall’ultima analisi del Centro Studi di Assolombarda.
Un tetto per il costo del gas
“La corsa delle quotazioni delle materie prime è entrata in una nuova fase - dichiara Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda -. I prezzi sono diminuiti rispetto al picco determinato dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ma rimangono, comunque, su livelli molto elevati rispetto al pre-Covid. Permangono, del resto, forti pressioni sui margini delle imprese, soprattutto a causa degli aumenti di gas naturale (+647%) e petrolio Brent (+104%). A questo si aggiunge una consistente e diffusa volatilità sui mercati delle commodity, una circostanza che rappresenta un elemento di complessità nella gestione degli approvvigionamenti e del magazzino. Si tratta di un ulteriore elemento di preoccupazione per le imprese che ormai da mesi si trovano a lavorare in condizioni di difficoltà. Per questo, occorre agire subito attivando la misura più urgente: l’introduzione del tetto al prezzo del gas. È la soluzione che può impedire a molte imprese di ridurre la produzione o, nel peggiore dei casi, di fermarla del tutto”.
Anche l’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro impatta sui costi di approvvigionamento delle imprese italiane ed europee, considerato che la maggior parte delle commodities è contrattata in valuta statunitense e che il tasso di cambio ora a 1,04 €/$ era 1,21 €/$ a gennaio 2021.
Nel dettaglio l’analisi del Centro Studi di Assolombarda
In particolare, lo studio certifica che i prodotti energetici sono tra le materie prime che hanno registrato i maggiori rialzi nel recente passato. Il prezzo del gas naturale europeo, dopo il picco di inizio marzo intorno a 220 €/MWh, ha leggermente ritracciato attestandosi il 13 giugno a 83,4 €/MWh, oltre sette volte i livelli pre-Covid e vicino ai valori registrati prima dello scoppio della guerra. Negli ultimi giorni, tuttavia, le frizioni sul lato dell’offerta stanno determinando una notevole volatilità, con il prezzo del TTF che ha nuovamente raggiunto i 100 €/MWh il 15 giugno.
Un andamento simile ha caratterizzato l’energia elettrica, con il Prezzo Unico Nazionale (PUN) che, pur avendo assorbito i picchi estremi osservati nei mesi scorsi, oscilla ora intorno a livelli quasi cinque volte quelli del pre pandemia (210,1 €/MWh il 13 giugno).
Tra gli energetici, infine, si distingue il petrolio Brent, il cui prezzo si caratterizza per una crescita continua e in accelerazione: il barile ha superato nei giorni scorsi quota 120$, portandosi su livelli doppi rispetto a gennaio 2020, e l’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro ha contribuito all’aumento delle quotazioni nella nostra moneta.
I costi delle materie prime
I prezzi delle materie prime della filiera agroalimentare, fortemente impattati dalla guerra in Ucraina, sembrano essersi stabilizzati. Rispetto al picco dallo scoppio del conflitto, il prezzo del frumento è calato del -22%, assestandosi intorno a quota 10,2 €/bushel. In modo simile, il prezzo del mais è calato del -6% dal picco, portandosi su un livello di 7,4 €/bushel al 13 giugno. In entrambi i casi, nonostante il parziale ritracciamento, si tratta comunque di livelli di prezzo doppi rispetto a quelli del pre-Covid.
Tra i metalli ferrosi, l’acciaio registra nelle ultime settimane un calo marcato, pari al -34% rispetto al picco. Un dato che lo riporta ai livelli di inizio febbraio, comunque quasi doppi rispetto a gennaio 2020. Il prezzo della risorsa oscilla intorno ai 130 €/Ton, pari a circa una volta e mezza il livello precedente la pandemia.
Sul fronte dei metalli non ferrosi, il nichel ha parzialmente riassorbito lo shock che aveva determinato la sospensione delle contrattazioni sul London Metal Exchange (-36% dal picco), con un prezzo che si attesta ora intorno ai 25mila euro per tonnellata, pari a +106,8% rispetto a gennaio 2020. Il prezzo dell’alluminio, cresciuto in modo costante fino a inizio marzo 2022, è ora in una fase di riduzione, sotto i livelli di inizio febbraio (2476,6 €/Ton il 13 giugno, +55,2% rispetto al pre-Covid). Il prezzo del rame, inoltre, si è stabilizzato intorno al +60% rispetto al pre-Covid, interrompendo così la lenta crescita che ha caratterizzato gli ultimi mesi (8885,2 €/Ton il 13 giugno).
Infine, il prezzo del legno è sceso in modo marcato negli ultimi mesi, registrando un -62,2% rispetto al picco da inizio conflitto. Tuttavia, le quotazioni restano di oltre un terzo superiori ai livelli di inizio 2020.