"Noi abbiamo rispettato le regole, scuole sicure e aperte"
Le testimonianze di bambini e genitori alla manifestazione in piazza Gramsci per invocare la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado.
In piazza a Tradate per invocare la riapertura, al più presto, delle scuole con le testimonianze di alcuni genitori. "La dad non è scuola e una copia sbiadita, mortificata e mortificante”. Solidali e uniti per "Chiedere senza ulteriori dilazioni, la riapertura di tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Perché le scuole sono sicure e sono garanti di salute fisica e psichica". "Ricordiamoci che la scuola, è molto più di uno spazio fisico in cui avviene un mero trasferimento di nozioni. La scuola è, o dovrebbe essere, un luogo di socializzazione e crescita personale e collettiva. Un luogo di integrazione, di cooperazione, di confronto".
“Noi abbiamo rispettato le regole, scuole sicure e aperte”
Il presidio, sorvegliato dai Carabinieri e dagli agenti di Polizia locale, è stato un’occasione per riflettere con alcune testimonianze.
“Lo dico in modo fermo: le scuole sono sicure, le ricerche anche internazionali ci dicono che i bambini e i ragazzi si contagiano e inflettano gli altri meno di quanto facciano gli adulti. L’aumento dell’indice di trasmissione Rt non è associato alle date di apertura e chiusura delle scuole. Nelle scuole si fanno in media più tamponi da tracciamento rispetto ad altre realtà professionali per cui risultano più attenzionate e protette. La stessa Oms afferma che la maggior parte delle infezioni riportate negli studenti sono state acquisite a casa. Le evidenze scientifiche ci dicono quindi che la scuola è sicura e molti dei rappresentanti autorevoli della cultura del nostro paese stanno prendendo posizioni in questo senso".
La piccola Margherita 8 anni
La mamma di Margherita racconta:
“Una mattinata Margherita, 8 anni, mi ha salutato con gli occhi pieni di lacrime mentre uscito per andare al lavoro e la lasciavo alla sua lezione online. Mi sono seduta accanto a lei, tardando: Cosa ti manca della scuola Marghe? Mi ha risposto: "La maestra dal vero, l’intervallo con le mie amiche, il mio banco.. e poi mi sento sola qui in stanza”. Già la scuola, la maestra dal vero, insostituibili sguardi, la vicinanza fisica e quando ancora era possibile, le carezze che infondevano fiducia e rassicurazione. Vani i tentativi degli insegnanti che responsabilmente si impegnano nella didattica a distanza: "La dad non è scuola e una copia sbiadita, mortificata e mortificante”. E già poi la scuola è l’intervallo con le amiche, come darle torto, insostituibili il gioco in cortile, la condivisione con i compagni, le risate di complicità, i piccoli conflitti. E poi il banco.. è vero la scuola è anche spazio fisico importante, il mio banco, cose insostenibili con il tavolo da cucina condiviso con lo smartworking di mamma e papà. Ho voluto incoraggiare Margherita a credere che tornerà presto a scuola e l’ho fatto perché ci credo”.
“Sono preoccupata per il futuro di un paese che non mette al centro la scuola”
La testimonianza di Chiara, mamma di due bambine:
“Sono venuta a dare la mia testimonianza non solo come madre di due bambine a che come cittadina preoccupata per il futuro di un paese in cui la scuola non sembra più una priorità come adulto sensibile ai bisogni e ai diritti dei bambini e dei ragazzi soprattutto quelli più fragili, e che sono ancora più penalizzati dalle privazioni di questo periodo e ora anche della chiusura delle scuole, luogo di socialità, accoglienza e inclusione. Termino con le parole di Maria Montessori: "Solo il bambino può aiutare l’umanità a risolvere una grande quantità di problemi sociali e individuali. Il bambino non è debole e povero: il bambino è il padre dell’umanità e della civilizzazione, è il nostro maestro anche nei riguardi della sua educazione”.
"I piccoli e i giovani hanno pagato un prezzo altissimo"
La testimonianza di Chiara mamma di Tullio ed Ettore, rispettivamente di cinque e tre anni che frequentano la scuola materna di Abbiate Guazzone racconta il suo disagio, il suo desiderio "di condividere la mia preoccupazione di genitore, di cittadino , di essere umano, perché le scuole sono sicure e sono garanti di salute fisica e psichica.
"Quando mi è stato chiesto di portare qui la mia testimonianza, inizialmente, ho incontrato una certa difficoltà nel districare la matassa di tutte le cose importantissime, che mi sembrava doveroso riportare qui oggi. A partire sicuramente dai ragazzi, con i loro bisogni e i loro diritti negati, senza tralasciare le problematiche organizzative ed economiche delle famiglie. La difficoltà dei genitori nell’accudimento pratico ed emotivo dei propri figli , grandi o piccoli che fossero. Volevo parlare di come spesso sia difficile essere sereni, di come la salute stessa della famiglia abbia conosciuto in questi mesi uno stato di straziante precarietà. Mi sono chiesta se fosse importante citare numeri e percentuali. Trattare le problematiche, più che mai attuali, del lavoro femminile. Parlare di bonus e ristori. Rimarcare quelli che sono i diritti offesi di tutti noi come cittadini, sollevando dissensi su scelte, procedure, modalità, inefficienze che in questi lunghissimi mesi ci hanno letteralmente rovesciato addosso.
Poi ho pensato che fosse indispensabile partire dal mio stesso vissuto di genitore, di mamma, che ha trascorso ogni singolo momento di questo tempo, così irreale e sospeso, accanto ai suoi bambini. Pur nella piena consapevolezza di essere in una posizione estremamente privilegiata rispetto alla maggior parte dei genitori. Io sono, infatti, uno di quei genitori che si è potuto permettere il grande lusso di congelare in qualche modo la sua vita per far fronte ad all’emergenza comune. Non che lo trovi giusto ma, da un punto di vista pratico, sicuramente è stato per la mia famiglia di impagabile aiuto.
A partire dalla prima chiusura delle scuole alla fine di febbraio 2020, ho sospeso ogni mia attività, produttiva e non, per occuparmi esclusivamente dei miei figli che, vista l’età e com’è ovvio che sia, necessitavano delle cure continuative di un adulto per soddisfare ogni loro bisogno fisico, affettivo ed educativo. Io mi sono potuta permettere di avere loro, come mia unica priorità. Tullio e Ettore sono stati accuditi, dalla loro mamma, certo, a volte stanca, confusa, spaventata, forse troppo spesso nervosa e non sempre gentile ma, tutto sommato, una mamma che, con tutti i suoi limiti, era presente. Nonostante questo e nonostante la grande libertà di godere di spazi aperti e di non doverci districare nelle difficoltà di una o più DAD, abbiamo sperimentato una grande fatica. I miei bambini hanno fatto fatica e io quella fatica me la ricordo bene. So che ultimamente non è consentito lamentarsi, che raccontare il proprio disagio è diventato impossibile, perché pare irrispettoso verso il calcolo, oramai quotidiano, di tutti coloro che stanno peggio, il calcolo dei morti, di chi ha perso il lavoro, di chi quotidianamente zoppica in mille precarietà. Eppure oggi sento l’urgenza di farlo, soprattutto per dare voce a tutti quei giovani a cui è stato sistematicamente negato il riconoscimento del proprio dolore. In questo momento, in cui siamo tutti precari, perché viviamo in una condizione d’incertezza collettiva mai sperimentata (almeno per le nostre generazioni), io sento fortissimo il bisogno di condividere la mia preoccupazione di genitore, di cittadino , di essere umano. Questi bambini, piccoli, piccolissimi, adolescenti, ragazzi hanno pagato e continuano a pagare un prezzo altissimo per la noncuranza, la faciloneria e, perché no, l’incompetenza di chi, a nostre spese, decide.
Da mesi ormai moltissime voci, più che autorevoli, nel campo dell’educazione, della pedagogia, psicologia, neurologia e neuropsichiatria hanno lanciato un allarme serissimo sull’entità dei danni, psicologici, neurologici e comportamentali, connessi con la prolungata sospensione delle attività scolastiche in presenza, in concomitanza con l’assenza di qualsiasi altra forma di attività sociale. E non mi riferisco solo all’aumento considerevole del numero di suicidi o di atti autolesionistici che gli studi paralleli del professor Stefano Vicari al “Bambin Gesù” di Roma e del professor Lino Nobili del Gaslini di Genova hanno già, più volte, sottoposto alla pubblica attenzione. Penso piuttosto a tutti quegli atteggiamenti domestici, che sicuramente tanti di voi hanno potuto osservare direttamente in tanti minori. Disinteresse, apatia, isolamento, rabbia, ansia, demotivazione, carenza nell’apprendimento, abbandono.
In questi mesi, a molti di loro è stato tolto tutto, la scuola, le amicizie, lo sport, la possibilità di sperimentarsi, di misurare l’ignoto. Esperienze tutte, che sono alla base di ogni crescita sana. Gli sono state negate progettualità e prospettiva senza cui orientarsi e motivarsi diventa impossibile. La società gli ha chiuso le porte, ha smesso di accogliere le loro energie, il loro entusiasmo vitale. Gli ha imposto di farsi da parte. Dei giovani qualcuno ha voluto dimenticarsi. Forse perché, in fondo, era la cosa più facile da fare. Ma noi che siamo i loro genitori, i loro educatori, i loro insegnanti, non possiamo più permetterlo. Ed è per questo che oggi, siamo qui tutti insieme, probabilmente con le nostre diverse storie e diverse idee, solidali in questo fondamentale obbiettivo comune. Chiedere senza ulteriori dilazioni, la riapertura di tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Perché le scuole sono sicure e sono garanti di salute fisica e psichica. La maggior parte di esse si è adoperata con sforzi enormi nel predisporre e attuare protocolli che garantissero una frequenza sicura per tutti. Chiediamo quindi che tutti, TUTTI (!) i ragazzi possano rientrare definitivamente a scuola e senza più interruzioni. Perché ogni fascia di età presenta una sua meravigliosa complessità e come tale va considerata. E se la sola attivazione del buonsenso rende impensabile uno strumento come la didattica a distanza per i nidi, le materne e, mi sia consentito comprendere anche le primarie, a questo punto non può nemmeno più essere considerata un’alternativa per nessun livello scolastico. In questo modo non si fa altro che continuare a impoverire e svilire il concetto stesso di scuola. Ricordiamoci che la SCUOLA, è molto più di uno spazio fisico in cui avviene un mero trasferimento di nozioni. La scuola è, o dovrebbe essere, un luogo di socializzazione e crescita personale e collettiva. Un luogo di integrazione, di cooperazione, di confronto. Un luogo in cui misurarsi e in cui scoprire vocazioni. Per qualcuno poi, e non va assolutamente dimenticato, la scuola diventa anche un luogo di fuga. Un altrove rispetto a situazioni di forte degrado domestico e sociale. Una possibilità di riscatto e, dunque, un luogo che consente la speranza. E il nostro paese oggi più che mai ha bisogno di speranza. Un Paese che sacrifica la scuola, non solo si dichiara incapace di proteggere i più fragili ma, a mio avviso ancor più grave, rinuncia a costruire il proprio futuro. Che poi, è il futuro stesso di tutti i nostri figli.