Le nuove sfide della supply chain spingono il mercato delle commodity
CATENACCIO: I problemi derivanti dalla Brexit cominciano a farsi sentire. Ma la rincorsa all’economia “green” e una spinta alla riduzione delle emissioni posizionano la supply chain in una zona difficile
Ogni volta che le aziende affrontano il loro impatto sul clima, tendono a rivedere le proprie operazioni immediate. Ma obiettivi scientifici ampiamente accettati - obiettivi di riduzione delle emissioni basati sull'accordo sui cambiamenti climatici di Parigi del 2015 - li considerano anche responsabili dei gas serra che vengono generati nelle loro catene di approvvigionamento, conosciute anche come supply chain.
Questo non solo amplia l'ambito di misurazione, ma presenta anche una sfida molto più grande. Per la maggioranza delle aziende, la parte produttiva rappresenta una piccola parte del loro impatto ambientale totale. All’opposto, la catena di approvvigionamento ha un impatto ben più importante.
Impatto sul consumatore
La riduzione delle emissioni comincia ad avere un impatto anche sul prezzo finale delle commodity, e lo rivede al rialzo. E’ facile notare il prezzo delle commodity sulle app di trading ma questo movimento non è dovuto soltanto all’impatto di un economia green ma anche ad altri fattori.
Un esempio sono i fattori politici, come nel caso della Brexit. Le esportazioni italiane nel Regno Unito hanno subito un duro colpo, in forte calo lo scorso anno con l'inizio della pandemia di coronavirus e ora in ripresa a un ritmo più lento rispetto ad altri mercati chiave a causa delle incertezze politiche.
Fattori operativi. Una nuova e più dura realtà sta emergendo in più aziende mentre lavorano per raggiungere lo zero netto – o la neutralità del carbonio. I gas serra emessi attraverso le loro catene di approvvigionamento e una volta che i loro prodotti sono in uso sono spesso di più di quelli emessi durante il ciclo produttivo stesso.
Altri esempi
Nel caso di una nota società farmaceutica, i produttori di ingredienti, materiali e prodotti finiti, il trasporto, generano circa il 90% delle emissioni.
Allo stesso modo, un’importante azienda delle telecomunicazioni afferma che, guardando alla catena del valore totale, la supply chain è dove si trova la percentuale più grande di emissioni.
Da soli non è una soluzione
Il 30 ottobre, Mario Draghi, il primo ministro italiano, ha esortato i leader del G20 ad agire insieme sul clima, ma anche per migliorare la consegna dei vaccini e per aiutare il mondo a riprendersi dalla devastazione del Covid-19.
"Dalla pandemia, al cambiamento climatico, alla tassazione giusta ed equa, andare da soli non è semplicemente un'opzione", ha detto ai leader riuniti. Questa frase riassume bene la politica economica italiana e internazionale che ci possiamo aspettare in futuro.
Ossia una politica più aperta a nuove collaborazioni internazionali e conscia del fatto che quasi ogni singolo paese è troppo piccolo per avere un impatto sufficiente in tema di cambiamento climatico e Covid-19.
A questo punto ci si può aspettare una notevole volatilità dei prezzi delle commodity che potrebbero, in maniera ciclica, salire e scendere in base ai diversi fattori sopra indicati e in base alle scelte politiche di collaborazione o competizione fra paesi.