La rabbia degli esercenti

Riaperture sì, ma solo all'aperto. "Una presa in giro"

Solo un locale su 10 ha un dehor dove riaprire dal 26, sperando nella zona gialla. E sperando che duri: "Ci vengono imposti investimenti senza la garanzia di continuare a lavorare"

Riaperture sì, ma solo all'aperto. "Una presa in giro"
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Tutt'altro che ben accolta la novità delle aperture per bar e ristoranti coi tavoli all'aperto annunciata venerdì dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. A guidare la protesta dei commercianti in provincia di Varese è Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che come la scorsa in settimana a Varese chiede di non fare più distinzioni: "O lockdown per tutti o per nessuno".

Riaperture ma solo all'aperto, Fipe non ci sta: "E' una presa in giro"

Si potrà tornare sui tavoli di bar e ristorante, in zona gialla, ma solo all'aperto. La novità, che dovrebbe diventare realtà forse già da fine mese, non è stata accolta a braccia aperte dalla Fipe, che ben ricorda la richiesta lanciata dai commercianti nella protesta in Piazza Monte Grappa a Varese:

"Tra le nostre richieste, condivise da tutte le categorie, c’era quella di non creare più figli e figliastri. Avevamo chiesto lockdown per tutti o per nessuno. Come non detto, il Governo è riuscito nell’impresa di peggiorare l’attuale situazione dei pubblici esercizi".

Tavoli all'aperto? Un "lusso" non per tutti

All’interno del consiglio provinciale di Fipe Confcommercio provincia di Varese, c’è tanta rabbia di fronte alle annunciate concessioni in zona gialla, in base alle quali dal 26 aprile i pubblici esercizi potranno tornare ad accogliere i clienti, ma solo all’esterno. Nel Varesotto i locali con dehors sono circa il 10 per cento, percentuale che aumenta del 7/8 per cento nel periodo estivo, mentre a livello nazionale sulle 116 mila attività quelle con gli spazi all’aperto adeguati sono il 46 per cento. "È ovvio che questo provvedimento penalizzi le zone con il clima più rigido e il Varesotto è tra queste, basti pensare che pochi giorni fa da queste parti abbiamo visto la neve…".

Altri costi con nessuna sicurezza

C’è poi la questione investimenti. Un tema sul quale bruciano ancora le ferite di meno di un anno fa, quando dopo mesi di investimenti e promesse sono arrivate le chiusure a vanificare tutto e lasciare gli esercenti con le serrande chiuse e i conti in rosso:

"Attrezzare le aree esterne e adeguale ai protocolli comporta ulteriori costi a carico dell’imprenditore, banalmente per l’acquisto o l’affitto dei cosiddetti 'funghi riscaldatori'. Altri soldi a fronte di quali garanzie? Sì, perché, chi è in grado di escludere che dopo due settimane non si torni in zona arancione e che non vengano nuovamente e ulteriormente cambiate le misure anti Covid?".

Beffa nella beffa, in base alle parole del premier Draghi, dal primo di giugno o da metà maggio nelle regioni gialle verrà concesso di ricevere i clienti all’interno, ma con un distanziamento di due metri: "Di male in peggio, ci domandiamo chi aprirà a queste condizioni. Ci sentiamo doppiamente presi in giro".

Tutti aperti e Tosap cancellata

Fipe provincia di Varese si rivolge perciò ai parlamentari eletti sul nostro territorio, gli stessi invitati alla manifestazione in piazza Monte Grappa. "A maggior ragione, ribadiamo a loro le nostre richieste, prima fra tutte l’eliminazione di ogni discriminazione tra categorie e all’interno delle stesse categorie. La richiesta resta la stessa: riapertura di tutti i pubblici esercizi e non solo in zona gialla, ma anche in zona arancione".

Mentre la richiesta alle amministrazioni comunali è ancora una volta di venire incontro alle attività commerciali, intervenendo sulle imposte locali. "In questo caso specifico, e in tempi strettissimi, i Comuni devono concedere la liberalizzazione dell’utilizzo delle aree pubbliche all’esterno dei locali, anche e soprattutto nelle zone pedonali e a traffico limitato. Ovviamente senza chiederci la tassa di occupazione del suolo pubblico".

"Chiediamo di lavorare e di vivere"

"In piazza a Varese e alla manifestazione di Roma, le nostre richieste erano ben altre», è l’amara considerazione del consiglio provinciale di Fipe. «Sembrava ci avessero ascoltato, sembrava che i nostri interlocutori politici fossero d’accordo e invece ancora una volta, provvedimenti alla mano, si sono presi gioco di noi. Noi chiediamo solo di lavorare. Noi vogliamo vivere".

 

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