Cultura

Dante Alighieri si "trasferisce" a Venegono: stasera l'Inferno parla dialetto

L'autore: "Da decenni il nostro dialetto viene vilipeso e combattuto, così spero di restituirgli la dignità che merita".

Dante Alighieri si "trasferisce" a Venegono: stasera l'Inferno parla dialetto
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Stasera, venerdì 21 febbraio, a Venegono Superiore Emilio Baroffio presenterà in sala consiliare alle 21 nella serata organizzata da alpini e Luogo Eventuale la sua fatica durata quasi 10 anni: l'Inferno di Dante Alighieri in dialetto del Basso varesotto.

L'Inferno di Dante in dialetto

"Nel mezzo del cammin di nostra vita…". E' l'incipit di una delle opere più famose e studiate al mondo, la Divina Commedia di Dante Alighieri. Scritta in volgare fiorentino nel XV secolo, è l'opera massima di quello che viene considerato il padre della lingua italiana. Stasera alle 21 a Venegono Superiore, in sala consiliare, Emilio Baroffio la presenterà in una veste tutta nuova, riscritta in dialetto del Basso Varesotto. Un lavoro che ha richiesto quasi 10 anni di fatica quotidiana, sua e della moglie Ivonne Erba.

L'opera di Baroffio

Non si tratta di una semplice traduzione. Revisione dopo revisione, Baroffio ha voluto mantenere integra la musicalità dell'Inferno dantesco. E' stata quindi mantenuta la struttura delle strofe, con rima concatenata, e per quanto possibile dei singoli versi che dall'endecasillabo sciolto di Dante sono diventati dodecasillabi.

"Volevo che fosse prima di tutto un'opera bella da leggere - spiega Baroffio - E penso di esserci riuscito. Non è stato facile perchè parliamo praticamente di due lingue diverse, e in numerose occasioni ho dovuto interpretare e riscrivere ciò che Dante intendeva con le sue parole, semplicemente perchè magari queste in dialetto non esistono. La cosa non deve sembrare strana: il nostro dialetto era parlato da contadini e in un territorio fatto di gente pratica. Non è una parlata 'intima', infatti ad esempio non abbiamo un modo per dire 'ti amo' se non 'te voeri ben', che però ha accezioni ben diverse".

Perchè il dialetto

Non si tratta di un lavoro fine a se stesso. La riscrittura ha richiesto lunghe e intense ricerche, basate per lo più sul vocabolario MIlanese-Italiano dell'Arrighi, edito nel 1896. "La nostra parlata ha subito moltissime influenze e sebbene ormai poco usata, è ancora in evoluzione - spiega Baroffio - Ho cercato quindi di ricostruire il nostro dialetto di inizio '900, evitando di andare troppo indietro nel tempo perchè sarebbe poco comprensibile".

Con l'Inferno, Baroffio vuole inoltre restituire dignità al dialetto:

"Da oltre 50 anni nelle nostre zone viene considerato la parlata dei sempliciotti e ignoranti, dei contadini, cosa che altrove, come nel Bresciano o in Veneto, non è mai avvenuta. Ricordo ancora quando ero piccolo e venivamo puniti a scuola se parlavamo in dialetto. Eppure è una parlata ricca, bella. Far rinascere il dialetto e restituirgli dignità significa per me rafforzare il legame con le nostre origini, il nostro passato e il nostro territorio. Dalla lettura dell'Inferno, emerge come possa essere anche una lingua 'alta'. E alcuni passaggi, che stasera leggeremo insieme a quelli danteschi, sono forse più belli in Varesotto che in originale".

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