Busto e Varese

Cento striscioni di CasaPound per chiedere di liberare l'imprenditore Zennaro

L'imprenditore si trova in carcere dal primo aprile, con accuse poco chiare e dopo che gli era stato ritirato il mandato d'arresto. CasaPound: "Non possiamo lasciar cadere la vicenda nel dimenticatoio"

Cento striscioni di CasaPound per chiedere di liberare l'imprenditore Zennaro
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“Riprendiamoci Zennaro”, questo il testo degli striscioni affissi in tutta Italia (in Provincia di Varese nel capoluogo bosino e a Busto Arsizio) dai militanti di CasaPound Italia per richiedere la liberazione immediata di Marco Zennaro, attualmente ai domiciliari in Sudan in attesa di processo.

Chi è Marco Zennaro, l'imprenditore arrestato in Sudan

Da due mesi Marco Zennaro, imprenditore veneto, si trova in carcere a Khartoum, la capitale del Sudan. L'arresto era scattato in aeroporto, al rientro in Italia. L'accusa sarebbe di frode, notificatagli all'arrivo nel Paese quando gli venne anche sequestrato il telefono e fu costretto a due settimane di "domiciliari" in albergo.

Una vicenda molto poco chiara. Perchè dopo due settimane di piantonamento in albergo Zennaro ottiene la libertà pagando una "cauzione" di 400mila euro che permette di rimuovere il mandato d'arresto a suo carico. Al rientro, però, l'arresto e il trasferimento in carcere dove si trova dal primo aprile.

Cento striscioni di CasaPound

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Ed è per tenere alta l'attenzione sul suo caso, l'ennesimo di un italiano incarcerato all'estero in condizioni precarie e con motivazioni poco chiare, che CasaPound la scorsa notte ha affisso degli striscioni in oltre cento città italiane.

"Non dobbiamo lasciar calare l’attenzione sul caso Marco Zennaro - scrivono dal movimento - Non possiamo permetterci di dimenticare un nostro connazionale rinchiuso ingiustamente da uno stato esterno e in attesa di quello che, viste le premesse, quasi sicuramente sarà un processo farsa.

Ci aspettiamo maggior incisività dalla Farnesina, la cui azione fino ad ora è stata a dir poco imbarazzante, condita da dichiarazioni che denotano una totale incapacità nella gestione del caso. Uno stato degno di questo nome sarebbe già intervenuto per riportare a casa il proprio cittadino, tanto più alla luce delle dichiarazioni di alcuni rappresentanti del governo sudanese che, vista l’inconsistenza delle accuse, sotto gli occhi di tutti, si sono spesi in prima persona per aiutare Zennaro, al contrario dei nostri rappresentanti.

Come CasaPound non possiamo lasciar cadere la vicenda nel dimenticatoio: non vogliamo rischiare che Zennaro, come tanti altri nostri connazionali nel mondo, rimanga a marcire in una prigione nella totale indifferenza di uno stato che ha evidentemente dimenticato una delle sue prerogative: salvaguardare, proteggere e difendere i propri cittadini, anche fuori dai confini nazionali".

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