Cronaca
Valle Olona

«Non ho saputo fare squadra e dialogare, ma non sono pentita. Ho scelto Fagnano e resto qui»

Elena Catelli riconosce gli errori: «Non mi sono adeguata alle situazioni ora chiedo alla gente di capirmi».

«Non ho saputo fare squadra  e dialogare, ma non sono pentita. Ho scelto Fagnano e resto qui»
Valle Olona Aggiornamento:

Intervista a tutto campo all'ex sindaco di Fagnano Olona Elena Catelli

L’eccessivo entusiasmo iniziale, le difficoltà a trattare, il dispiacere per gli errori commessi – dalla visione che non ha saputo dare in maggioranza, alle mancate condivisioni con l’opposizione – l’ammissione di un’emotività che non ha aiutato. Ma anche le cose buone: il rapporto con la gente, le amicizie strette, l’impegno efficace nei mesi più duri della pandemia, il legame forte con Fagnano, che continua. Elena Catelli a poche settimane dalla fine prematura del suo mandato, con le dimissioni che diventeranno definitive dal 13 luglio, racconta a cuore aperto i due anni al castello e un’esperienza che non è andata come immaginava.

Le sue dimissioni benché annunciate da mesi hanno spiazzato tutti, maggioranza e opposizioni: le ha vissute come un atto di coraggio necessario o come presa di coscienza inevitabile di un fallimento?
«Sono dimissioni sofferte ma serene. Non si tratta di coraggio, le considero come una presa d’atto della mia impossibilità di continuare. I fattori esterni inevitabilmente si intrecciano con riflessioni che ho maturato sul mio ruolo. Sono stata efficace in alcuni momenti, per il resto ammetto di non essere stata capace spesso io di adeguarmi alle situazioni. Non posso vedere un fallimento, anche in questa scelta ho cercato il momento che poteva essere meno impattante per Fagnano che ha già vissuto un lungo commissariamento».
Cosa non è andato come si aspettava nella sua prima esperienza da sindaco?
«Il non sapere fare squadra con persone che non conoscevo, e con cui non ho saputo trattare. Ma forse è anche il mio punto di forza, non dover per forza continuare».
E cosa non rifarebbe?
«Troppo entusiasmo iniziale senza approfondire la situazione di Fagnano, ma nonostante tutto non sono pentita».
Cosa le resta di buono e di prezioso di questi due anni pieni di difficoltà, ma anche di idee per il paese e di impegno per realizzarle?
«Il contatto con la gente. E l’essere riusciti a gestire il Covid con forza e determinazione sin dal primo giorno. Quel momento difficilissimo per me è stato paradossalmente il più facile, operativo, con il contributo di tutti, solo per il paese. Ecco, in quel momento era tutto da parte, compreso il compromesso politico che non so gestire. Invece è uscita la capacità insieme di fare, di organizzarsi, di essere pronti a intervenire sulle necessità. E mi resta di prezioso anche l’avere intessuto un rapporto di stima con i funzionari e i dipendenti del Comune, i collaboratori e i volontari. Aver stretto alcune amicizie, poche ma che luccicano.
C'erano risorse a disposizione ed esigenze chiare a cui rispondere: perché è mancata concretezza nel fare?
«Non sono riuscita a trasmettere la mia visione, forse dovevo affidarmi di più a professionalità esterne. All’inizio ho cercato di andare al di là delle bandierine, ma non sono andata fino in fondo».
Tra i progetti sospesi, cosa le dispiace di più non aver portato a compimento?
«L’ex colonia, con un progetto contemporaneo nel rispetto della storicità di un luogo anche molto bello, sospeso tra terra, aria e la magia della valle, tra i colori del territorio e l’oro prezioso della cultura».
Voleva anche essere il sindaco che portasse bellezza e leggerezza, poi il Covid ha seminato ansie, distanze e drammi: quanto ha pesato la pandemia sul suo sogno di una Fagnano diversa, di apertura e relazioni?
«Non è un discorso mio ma generale. Sono sicura che si potrà fare tanto ora, auspicando un autunno attento ma senza grandi restrizioni. Sono contenta di aver potuto organizzare le serate degli Europei. Impensabili fino a poco tempo fa».
Parte della sua maggioranza le rimprovera l'aver dato poco spazio a condivisione e opinioni diverse: perché?
«Io mi sono spesa per tutto. Magari parlare, approfondire, proporre non è vietato in assoluto. Spesso invece mi sono trovata di fronte al silenzio, alla mancanza di proposte, non tanto alla condivisione. Comunque è una critica che accetto, ascoltare di più».
E sempre sul dialogo: le minoranze lo invocavano da due anni, chiedendo coinvolgimento sui progetti con vista sul futuro del paese. Forse meritavano più ascolto?
«Si, questo è un errore forse non solo mio, ma mi prendo ogni responsabilità. In questo ultimo mese è andata meglio, come doveva essere nel rispetto dei ruoli».
Quanto ha sofferto certi attacchi personali, spesso oltre il limite del lecito, di cui è stata bersaglio in particolare sui social? Crede che sotto questo aspetto l'essere sindaco donna l’abbia resa più vulnerabile nello sguardo degli odiatori?
«Il fastidio è stato legato ad alcune incomprensioni poi chiarite legate ai miei affetti. Per il resto io i tacchi e la gonna fucsia me li metterò sempre, ma pure i jeans sdraiata in mezzo al prato. Certo, magari a un uomo non scrivono che va a fare una sfilata se sta in giacca e cravatta. Ma pace, fatti loro. La cosa che accetto meno è che mi dicano che non sono di Fagnano. Io Fagnano l’ho scelta, cosa posso fare di più? E lo dico col sorriso».
Nel 2019 è stata scelta dalla politica, ma poi l’hanno votata quasi 3mila persone per un consenso pieno: che messaggio dà ai fagnanesi che l’hanno eletta a guidare il loro paese?
«Che sono una persona un po’ schietta, a volte emotiva, a volte parlo troppo e urlo nonostante lo yoga, troppo curiosa e non sempre stabilissima nelle decisioni. Ma ho scelto io questa esperienza nel bene e nel male, e vorrei dire di cercare di capirmi ora nel momento in cui ho deciso di fare un passo indietro».
E invece ai partiti che fino all'ultimo proveranno a farla tornare sui suoi passi, cosa risponde?
«La mia decisione è frutto di un lungo pensiero, e di credermi che è la scelta più coerente per il nostro paese».
Di cosa ha più bisogno oggi Fagnano?
«Di idee, di lasciare indietro gli steccati, di buttarsi».
E quale sarà il suo futuro prossimo? Il suo impegno per Fagnano resta o è una parentesi che si chiude?
«Certo, io resto a Fagnano con il mio spazio e tante idee, insieme a persone che ho incontrato in questi anni se vorranno collaborare con me. Trasformerò la mia associazione che ora è sportiva in qualcosa di più, cercando di aprire la mia realtà al paese. E poi ho un bel progetto di comunicazione sulla valle. Vedremo, voglio essere e stare qui, in altri ruoli che sicuramente sono più alla mia portata, un po’ più a briglie sciolte».
Esclude di essere in campo per le elezioni amministrative di ottobre o è tentata dal prendersi una rivincita ‘morale’ con una squadra diversa?
«No»
Quale consiglio si sente di dare al prossimo sindaco di Fagnano?
«Di costruire la squadra e le persone e i ruoli prima di ogni altra cosa. Un po’ come ha scritto Matteo Bianchi presentandosi per Varese. E poi di prendersi tempo da dedicare, ce ne vuole tanto. Ma sarà un’esperienza gratificante perché la fatica, se si definiscono bene obiettivi e contorni, è sempre appagante. Il lavoro quotidiano è la parte più bella, la politica è questa, non solo summit a porte chiuse e in luoghi improbabili».

Matteo Garoni (La Settimana di Saronno, venerdì 9 luglio 2021)

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