Porto Valtravaglia

Migliaia di tonnellate di sostanze chimiche e fanghi sversati nel Ronè, chiusa l'indagine "Un fiume di veleno"

La presenza delle sostanze scoperta grazie ai campionamenti avvenuti nel 2021, dopo che si era rotta una fognatura

Migliaia di tonnellate di sostanze chimiche e fanghi sversati nel Ronè, chiusa l'indagine "Un fiume di veleno"
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Da 2018 al 2021, un'azienda avrebbe sversato in maniera illecita quasi 3mila tonnellate di acidi e fanghi inquinanti nel fiume Ronè, a Porto Valtravaglia.

"Un fiume di veleno": indagine chiusa

A chiusura delle indagini preliminari condotte dai Carabinieri Forestali del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Varese e della Stazione Carabinieri Forestale di Luino, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Varese, è stato ipotizzato, un inquinamento ambientale, scaturito da una gestione illecita di rifiuti da parte di una ditta attiva nella produzione di contenitori per l’industria cosmetica.

Dalla frana alle indagini

Le indagini erano partite nel gennaio 2021, quando a seguito di una frana si era verificata la rottura della fognatura pubblica, a causa della quale si determinava lo sversamento di un ingente quantitativo di sostanza reflua nel torrente Ronè. Ciò ha comportato l’alterazione della colorazione delle acque con la presenza in modo significativo della sostanza inquinante costituita da un fango di colore verde, lungo circa 150 metri dell’alveo del torrente.

Dal campionamento e dalle successive analisi di laboratorio si è scoperto che il refluo conteneva altissime concentrazioni di sostanze tossiche (acidi e metalli pesanti quali cromo e alluminio).

La ricostruzione

Gli accertamenti hanno permesso di risalire al presunto autore della gestione illecita del refluo e di ricostruire le vicende alla base dell’accaduto. Secondo la ricostruzione investigativa, il modus operandi della ditta sarebbe avvenuto diluendo abusivamente i fanghi contenenti le sostanze inquinanti nell'impianto di depurazione, inadeguato al trattamento dei predetti rifiuti e di immetterli nella pubblica fognatura, anziché smaltirli a norma di legge. Il tutto, almeno in parte, dopo uno stoccaggio temporaneo in fusti e cisterne (materiale posto sotto sequestro).

Denunciato

Salvo accertamento futuro, il legale rappresentante della ditta è stato deferito all’Autorità Giudiziaria per il reato di inquinamento ambientale, previsto e punito dall'art. 452 bis c.p., in quanto la società avrebbe cagionato abusivamente una compromissione o comunque un deterioramento significativo e misurabile delle acque del torrente Ronè, omettendo di smaltire correttamente tra il 2018 e il 2021 i rifiuti pericolosi prodotti corrispondenti in circa 172.000 kg di acidi, 2.555.975 kg di fanghi e residui di filtrazione derivanti dal procedimento industriale.

Come conseguenza del reato sopra ipotizzato, è stato altresì contestato alla società l’illecito amministrativo dipendente da reato di cui D.Lgs. 231/2001, poiché al suo interno non risultava presente un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire reati ambientali. In base alla citata normativa alle società che traggono profitto dai reati commessi dai propri dipendenti possono essere irrogate sanazioni pecuniarie che vanno ad incidere sul bilancio sociale, ovvero sanzioni interdittive della stessa attività.

Le operazioni di bonifica del corso d’acqua sono già state eseguite per evitare ulteriori danni ed effettuare il ripristino dello stato dei luoghi per salvaguardare le matrici ambientali. L’attività in oggetto si inserisce nell’ambito dell’azione quotidiana svolta dai Carabinieri Forestali in difesa della natura, del paesaggio e degli ecosistemi.

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