L'analisi

“L’effetto Covid sui decessi nelle Province Lombarde”, 33mila morti in più nel 2020 in Regione. A Varese il 22% in più rispetto gli ultimi 5 anni

Cosa dicono i numeri, analizzati dalla Uil Como - Lecco. Varese è la provincia con l'aumento minore ma comunque importante

“L’effetto Covid sui decessi nelle Province Lombarde”, 33mila morti in più nel 2020 in Regione. A Varese il 22% in più rispetto gli ultimi 5 anni
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La Uil di Como e Lecco ha realizzato un’analisi dal titolo “L’effetto Covid sui decessi nelle Province Lombarde” relativo all’anno 2020 periodo gennaio-novembre e messo a confronto con la media dei decessi negli anni 2015-2019.

L’effetto Covid sui decessi nelle Province Lombarde: l’analisi della Uil

“Per comprendere gli effetti di sofferenza e dolore che hanno vissuto i Cittadini della nostra Regione e che si rischia di prolungare se non si affronta velocemente l’emergenza sanitaria da Covid attraverso una veloce vaccinazione della popolazione, abbiamo ritenuto opportuno confrontare il numero di decessi avvenuti in ogni provincia della nostra regione nell’anno 2020, periodo gennaio-novembre, con la media dello stesso periodo del 2015/2019, da dove si denota l’incremento dei decessi che ha seguito l’andamento della situazione emergenziale sanitaria da COVID 19” spiegano dalla Uil Como e Lecco.

Il primo dato che emerge dall’analisi è il numero di decessi complessivo in Lombardia, nel periodo Gennaio – Novembre 2020, di 123.819 (+33.558 rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +37,18%). La Provincia maggiormente colpita dalla pandemia è stata Bergamo che ha registrato 15.432 vittime (+6.142, rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +66,12%) con il mese più drammatico registrato a Marzo 2020 con 6.083 decessi, ovvero, un incremento di 5.181 rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +574,7%. L’immagine simbolo che descrive la drammaticità di quanto patito in quel momento dal Territorio di Bergamo è rappresentato dalle lunghe file dei mezzi dell’esercito italiano che portano le bare nei forni crematori.

Nei mesi dell’anno, fatta eccezione per gennaio e febbraio in cui c’è stato un calo rispetto agli anni precedenti della mortalità, la situazione è stata differenziata e articolata nelle diverse province: marzo ed aprile nelle Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco e Lodi, interessate dalla prima ondata dell’emergenza pandemica, le conseguenze per la popolazione sono state drammatiche, i decessi hanno subito incrementi fino al 574% in provincia di Bergamo a marzo rispetto alla media dei decessi dello stesso mese negli anni 2015/2019.

La situazione migliora nei mesi seguenti a seguito delle restrizioni allo spostamento e della chiusura delle attività produttive, fino a settembre. Il numero delle vittime oggetto dello studio ritornano a peggiorare dal mese di ottobre e in modo particolare a novembre 2020 (manca dicembre, tra i dati Istat ma che risulta della notizie di cronaca un altro mese “nero”) con la seconda ondata e che vede maggiormente interessate le Province meno colpite dalla prima: Como, Milano, Monza Brianza e Varese.

“Riteniamo che questa catastrofe umanitaria non può essere considerata un semplice evento imprevedibile ed inevitabile, ma deve essere di monito ed esortazione alle Istituzioni sanitarie Nazionali e Regionali per comprendere che cosa non ha funzionato nel sistema sanitario – spiegano dalla Uil Como e Lecco – Occorre rivedere, anche nelle more della rivisitazione della legge regionale 23/2015, il sistema di assistenza privilegiando la prevenzione e la medicina territoriale per restituire ai cittadini il diritto universale alla salute. Dobbiamo evitare in futuro di trovarci impreparati a situazioni analoghe ed è urgente nell’immediato velocizzare il processo di vaccinazioni dell’intera popolazione se si vuole non aggravare ulteriormente la situazione, ad oggi la percentuale di somministrazione dei vaccini rispetto alle dosi disponibili per Regione Lombardia è al 52,1%, si deve fare di più. Non dimentichiamoci che ci sono molti cittadini ai quali sono state sospese le cure a causa dell’emergenza Covid e che necessitano di prestazioni sanitarie. Ed è quindi indispensabile rafforzare l’organico del personale del servizio sanitario, che è stato in questi ultimi 20 anni depauperato dai tagli alla spesa pubblica, penalizzando notevolmente la medicina territoriale. Inoltre, è fondamentale ripensare ai percorsi di formazione universitaria per le professioni sanitarie abolendo il circuito a “numero chiuso” oggi non in grado di soddisfare il fabbisogno organico del sistema sanitario nazionale”.

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