L'impresa

Da solo per 700 chilometri per tornare libero

Devis Macaluso a piedi per un mese: «Dopo due anni di restrizioni e ferie arretrate volevo vedere il bello che c’è»

Da solo per 700 chilometri per tornare libero
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Impresa in solitaria: in cammino sulla via Francigena fino a Roma: paesaggi, avventura e… la seconda dose

Un'impresa per sentirsi di nuovo libero

 

Respirare la libertà dopo due anni di restrizioni, gustarsi la bellezza di luoghi ogni giorno capaci di una meraviglia diversa, mettere alla prova se stesso sfidando fatica, freddo e orientamento, ma anche la solitudine e il tempo lento di un mese trascorso in cammino, spesso senza voci né rumori né suoni intorno, che non fossero quelli della natura.

 

L'impresa di Devis Macaluso

 

E’ l’impresa realizzata da Devis Macaluso, 41 anni, da 15 colonna dell’ufficio Anagrafe del Comune di Tradate, partito il 10 ottobre a piedi sulla via Francigena con uno zaino pieno di incognite e di coraggio, ma anche di tappe programmate e di una ferma determinazione, e approdato a Roma il 9 novembre, dopo 31 giorni di cammino dapprima temuto, poi aggredito, infine gustato. Fino alla vista del Cupolone e agli ultimi emozionanti passi in piazza San Pietro, accompagnati dalla soddisfazione piena di una sfida vinta e dalla consapevolezza di uscirne più forte e libero, dopo aver portato se stesso oltre i limiti immaginati: appassionato runner della valle Olona, per lui era la prima volta di un cammino, con peso sulle spalle, scarponi e 700 chilometri da percorrere. Attraverso un itinerario che dal grande fiume ha portato su per boschi e pietraie fino alla montagna, e poi giù per sentieri scoscesi ad avvistare il mare, e ancora per borghi senza tempo e colline addormentate verso la meta sognata. Sostando nei punti tappa scanditi dalla Francigena, compiendo anche un viaggio gastronomico tra le regioni, dalla lasagna alla cacio e pepe, e affrontando la via con spirito sportivo, con passo sempre sostenuto, sveglia all’alba e approdo alla tappa successiva nell’arco della mattinata, anche per concedersi poi il tempo di visitare i luoghi raggiunti.

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Aveva due anni di ferie arretrate

I colleghi hanno scoperto l’impresa fatta solo al rientro in ufficio: «Avevo due anni di ferie arretrate – ricorda Macaluso – e avuto l’ok per assentarmi un mese dal lavoro sono partito». Con una motivazione ben precisa, per lui che era abituato a viaggi all’estero, tra mari e città del mondo da scoprire: «Dopo due anni di restrizioni e rinunce, con le difficoltà e le incognite di andare all’estero per la pandemia, ho pensato di girare la nostra bella Italia in modalità slow, a piedi, per vedere luoghi, paesi, città e panorami ogni giorno diversi». E così è stato. Partito da Belgioioso nel pavese, ha affrontato subito la tappa più lunga, accorpandone due: «Volevo capire se fossi in grado di reggere sforzi e durata, visto che mi aspettava un mese di cammino. E’ stato un test. La prima notte ho dormito in un bivacco a zero gradi nel nulla e i dubbi su quanto avrei tenuto erano molti». Ma giorno dopo giorno si sono sciolti, trasformandosi in certezze: «Non ho mai dato per scontato che sarei arrivato a Roma, specialmente all’inizio non ci pensavo. Il tratto più duro è stato varcare l’appennino emiliano, tra sentieri impervi e a volte difficili da individuare, che senza l’app mi sarei perso, salite impegnative e discese su fondo sconnesso, spesso immerso in boschi fitti. Ma passata la Cisa, scendendo verso Sarzana, ho capito che non mi fermava più nessuno, benché mancasse ancora molta strada da fare». Percorsa volutamente in solitaria: «Anche quando incontravo pellegrini con il mio stesso percorso, dopo uno scambio di esperienze preferivo accelerare e andare col mio passo veloce. Abituato a correre ogni giorno sulle nostre strade, delle quali conosco tutte le buche, anche il cammino l’ho fatto così, tenendo un ritmo alto per quanto possibile, nonostante le ginocchia non fossero d’accordo».

Tanti gli incontri lungo il percorso

 

Tanti gli incontri – dai Trekker del Golfo, in viaggio a cavallo da Trieste alla Sicilia, a una coppia veneta che aveva rischiato l’ipotermia in una bufera sull’appennino – ma anche tante ore da solo. Sveglia presto, 5-6 ore di cammino, 25 km al giorno, pernottamento in ostelli, appartamenti, B&B e qualche volta alberghi, tutti chiamati da casa prima di partire, pianificando le tappe e acquistando il biglietto del treno per tornare da Roma strada facendo. Così come, lungo la via, Macaluso ha completato il suo green pass, presentandosi per la seconda dose nella data stabilita ma in terra toscana, ad Aulla invece che a MalpensaFiere. «E il giorno dopo avevo una delle tappe più dure, il vaccino l’ho smaltito così». Al ritorno lo scontrino del cappuccio e brioche prima di riprendere servizio in Comune segna il brusco ritorno nella realtà – «in giro per l’Italia capisci che solo qui abbiamo un costo della vita così alto» – ma restano le belle sensazioni vissute e i luoghi visitati: «In cima alla Cisa uno dei momenti più suggestivi, ma i posti più belli sono quelli in Toscana, su tutti la val d’Orcia, con colline a perdita d’occhio, strade bianche e sentieri agevoli. Poi le città: Lucca, Siena, San Gimignano. Pontremoli la scoperta più sorprendente». Nel Lazio ancora tanta natura, la bella tappa di Viterbo e infine l’arrivo a Roma con l’ultimo timbro nella sacrestia della Basilica di San Pietro e la consegna del «Testimonium», attestato che sancisce il completamento della via Francigena e che resterà il simbolo di un mese da ricordare per sempre.

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