Milano

Caso camici, chiuse le indagini: ipotesi frode per "tutelare l'immagine politica di Fontana"

Avvisi di chiusura indagini notificati al Presidente Fontana, al cognato, al vicario del segretario regionale e a due ex vertici di Aria. In autunno la decisione sull'eventuale rinvio a giudizio

Caso camici, chiuse le indagini: ipotesi frode per "tutelare l'immagine politica di Fontana"
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Caso camici, notificato l'avviso di chiusura delle indagini della Procura di Milano e di deposito degli atti preludio, solitamente, della richiesta di rinvio a giudizio: destinatari il Presidente Attilio Fontana, il cognotao Andrea Dini, il vicario del segretario generale della Regione Pier Attilio Superti, l'ex direttore generale di Aria Spa Filippo Bongiovanni e l'ex direttrice acquisti di Aria Spa Carmen Schweigl.

Caso camici, indagini chiuse. Fontana rischia il processo?

Le accuse, per i pm di Milano, sono estremamente gravi: a carico di Fontana secondo la Procura si profilerebbero un'ipotesi di reato di "concorso in frode in pubbliche forniture".

Al centro c'è l'ormai noto "caso camici": quella commessa da mezzo milione di euro da Aria a Dama Spa (al 90% di Dini, al 10% della moglie di Fontana) per una fornitura di camici, calzari e cuffie diventati introvabili nei primi mesi dell'emergenza Covid, poi ritirata e "trasformata" in donazione. Una donazione che poi Fontana aveva cercato di "risarcire" al cognato con fondi propri tramite un trasferimento da un conto in Svizzera.

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Come riportato dal Corriere, "allo scopo di tutelare l’immagine politica del presidente della Regione una volta che era emerso il conflitto di interessi derivante dai rapporti di parentela con il fornitore", Dini e Fontana avrebbero tirato fuori dal cilindro un contratto di donazione dei camici già consegnati al posto del contratto di fornitura stipulato con Aria, società della Regione coinvolta direttamente con pressioni sul Direttore Generale perchè rinunciasse alla consegna di tutti i dpi e i materiali oggetto del contratto.

In questo, passaggio Fontana e il cognato si sarebbero accordati in modo che si intervenisse sul direttore generale diIn questo modo, secondo la tesi dei pm, Fontana avrebbe salvato la sua immagine politica e l'azienda del Cognato i propri conti.

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A fare da tramite fra i due e il Dg Bongiovanni il vicario del segretario regionale Superti che avrebbe riportato la richiesta come "diretta volontà del presidente Fontana alla quale dover dare esecuzione". Una vicenda che avrebbe portato a un danno per la collettività e la Regione avendo fatto venir meno un importante numero di dispositivi di protezione individuale in un momento di massima penuria ed emergenza.

A settembre le controdeduzioni

Essendo già iniziata la sospensione feriale dei termini, i canonici 20 giorni di tempo agli indagati per presentare le proprie controdeduzioni inizieranno a settembre. Se riusciranno a convincere i pm le accuse verranno archiviate altrimenti si andrà a giudizio.

I legali di Fontana: "Ricostruzione non veritiera"

Un impianto accusatorio che i legali di Fontana respingono nettamente parlando, riporta l'Ansa, di "ricostruzione non veritiera".

"La notifica di oggi consentirà di assumere le iniziative previste dalla legge per dare un contributo di chiarezza allo sviluppo dei fatti - avrebbero commentato i legali Jacopo Pensa e Federico Papa -  che così come descritti non corrispondono al vissuto del Presidente".

Peluffo e Pizzul (Pd): "Fontana non ha più credibilità nè autorevolezza"

La conclusione delle indagini rialimenta le polemiche e gli attacchi dalle opposizioni. Il segretario regionale Pd Vinicio Peluffo e il capogruppo in Consiglio Regionale Fabio Pizzul non usano certo i guanti di velluto:

"Lasciamo, come sempre, l’amministrazione della giustizia ai tribunali, ma torniamo a ribadire il nostro giudizio politico: il presidente Fontana, che ha mentito ai lombardi, ha perso ogni credibilità e non ha l'autorevolezza necessaria a governare la Lombardia. È passato poco meno di un anno dalla presentazione della mozione di sfiducia, che fu respinta in Aula dalla sua maggioranza a prescindere da ogni valutazione oggettiva. Il reato ipotizzato è grave, la fase drammatica in cui si trovava la Lombardia è un’aggravante, non certo una scusante, come i suoi colleghi di maggioranza provano ad accreditare. Prima questa giunta lascerà il campo, meglio sarà per i lombardi".

 

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