Finanza

Abbonamenti pirata alle Pay Tv: indagato il "papà" del pezzotto made in Varese, 1800 clienti identificati

La vendita degli abbonamenti pirata gli avrebbe fruttato 500mila euro in tre anni. Denunce e sanzioni anche ai clienti per ricettazione. Lui stesso, sul sito, li avvisava del rischio di problemi legali

Abbonamenti pirata alle Pay Tv: indagato il "papà" del pezzotto made in Varese, 1800 clienti identificati
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Nei giorni scorsi i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza hanno notificato l’avviso di conclusione indagine nei confronti di un soggetto residente nella provincia di Varese indagato per l’esercizio di un’attività di commercio di abbonamenti “pirata”: attraverso diversi siti internet vendeva il cosiddetto "pezzotto", permettendo ai clienti di accedere ai contenuti di Mediaset Premium, Sky, Dazn e Disney Channel. Contestati proventi illeciti per mezzo milione di euro.

Pezzotto Made in Varese, clienti in tutt'Italia

Un solo abbonamento pirata per accedere illegalmente ai contenuti di diverse piattaforme pay per view e di streaming. Stretta della Guardia di Finanza sul pezzotto Made in Varese che avrebbe fatto capo a un imprenditore in pensione di circa 65 anni, che lavorava nel settore della tecnologia e residente a Golasecca capace, con questo stratagemma, di guadagnare circa 500mila euro e di creare una rete di 1800 clienti in tutt'Italia.

Le indagini sono partite grazie ad alcune segnalazioni per operazioni sospette (in gergo, S.O.S.) arrivate alla Guardia di Finanza di Gallarate. I militari grazie a quelle hanno scoperto che l'uomo segnalato offriva, in cambio di un canone periodico, servizi televisivi a pagamento su tutto il territorio nazionale tramite proprie piattaforme internet.

Identificati e denunciati i clienti

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza attraverso i versamenti bancari che facevano capo all'uomo hanno permesso di identificare oltre 1800 clienti che, per usufruire dell'abbonamento IPTV pirata, hanno effettuato pagamenti al reseller varesotto mediante bonifici bancari o ricariche con carte prepagate.

Tramite la vendita degli abbonamenti pirata il varesotto avrebbe guadagnato illecitamente circa 500mila euro tra il 2017 e il 2020, ora tassati come proventi illeciti e valsigli oltre alle denunce per “Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni”, “Violazione della proprietà intellettuale” e “Frode informatica”, quella per "Omessa dichiarazione" delle imposte sui redditi.

I clienti invece oltre alla denuncia per ricettazione, sono stati sanzionati complessivamente per 300mila euro.

Una frode da mezzo milione

La frode si è concretizzata nella contraffazione, a fini di lucro, dei marchi delle società Mediaset Premium, Sky, Dazn, Disney Channel coperti da copyright utilizzati per pubblicizzare la vendita di abbonamenti illegali su siti internet riconducibili all’indagato, nella diffusione di interi palinsesti televisivi di canali ad accesso condizionato oltre che nella trasmissione in streaming tramite un dispositivo connesso alla rete internet, quali smart tv, tablet, pc, smartphone, dei programmi delle stesse società, la cui visibilità non è fruibile indistintamente da tutti gli utenti della rete, in quanto criptati, ma riservata esclusivamente ai clienti sottoscrittori di regolari abbonamenti.

Attraverso i contatti presenti sui siti internet (numeri di telefono, indirizzi mail, canali di messaggistica istantanea dedicati) l’offerente indagato gestiva le richieste di informazioni e la stipula dei contratti di abbonamento con i singoli “clienti” i quali, in seguito alla comunicazione del MAC Address, ricevevano il numero dell’ordine con gli estremi per l’esecuzione dei pagamenti.

L' "avviso" agli abbonati

Come nella speranza di evitarsi responsabilità in caso di indagine (cosa che evidentemente andata diversamente), agli abbonati era indicata anche una delle condizioni di vendita dei prodotti, con la quale sul sito “pirata” veniva espressamente comunicato loro che la visione di tali palinsesti televisivi avrebbe potuto comportare dei rischi collegati ai diritti esclusivi di diffusione della proprietà intellettuale.

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