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Tumore al seno: ecco come aiutare e stare vicini alle pazienti

Le testimonial del progetto che si sono raccontate l’hanno fatto, dando un senso alla malattia, per incoraggiare le donne a partecipare allo screening

Tumore al seno: ecco come aiutare e stare vicini alle pazienti
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Sensibilizzare sul tema della prevenzione a partire dall’esperienza di donne protagoniste di storie di malattia e rinascita. È l’obiettivo del progetto “Sorrisi in Rosa” di Humanitas Castellanza che ha commissionato a Cremit, Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica, una misurazione degli effetti della narrazione - con foto e racconti - sui percorsi di cura delle donne.

Tumore al seno, come aiutare le pazienti

Oggi i due partner hanno presentato in Cattolica i primi risultati della ricerca durante il convegno “Raccontare la malattia per sostenere la cura. Rileggere la prevenzione in chiave digitale” cui hanno partecipato, tra gli altri, Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia, e Gerry Scotti, testimonial delle campagne di salute della donna di Humanitas.

Il progetto di prevenzione senologica “Sorrisi in Rosa” è nato sette anni fa da un’idea dei senologi di Humanitas in collaborazione con la fotografa Luisa Morniroli e la scrittrice Cristina Barberis Negra, entrambe ex pazienti, e ormai coinvolge oltre 100 donne da Torino a Catania, da Milano a Bergamo e Varese. Sono loro le protagoniste della mostra fotografica “Sorrisi in Rosa” che veste le sale d’attesa di tutti gli ospedali e dei centri medici Humanitas italiani, e ora inaugurata anche nell’atrio dell’aula Pio XI in Università Cattolica. Alle foto si aggiungono racconti sul sito, un libro (Sorrisi in Fiore), podcast ed eventi di prevenzione, in collaborazione con Fondazione Humanitas per la Ricerca.

La mostra fotografica

Alla mostra fotografica Cremit ha associato un QR code che porta ad un questionario anonimo, con circa trenta domande personalizzate a seconda delle prime risposte che hanno suddiviso le partecipanti in donne già testimonial dell’iniziativa, pazienti inserite in un percorso di cura o di diagnosi/prevenzione, accompagnatori e familiari.

«Sono figlio di una generazione, quella del dopoguerra - ha detto Gerry Scotti durante la presentazione dello studio – in cui le donne non parlavano della malattia per vergogna, nemmeno in famiglia. Quella generazione ha patito il tenersi dentro di sé questa condizione. Oggi siamo qui per raccontare la malattia per sostenere la cura: raccontandosi, le donne di “Sorrisi in Rosa” hanno aiutato chi fa Ricerca e migliora la clinica e la chirurgia. E raccontandosi con il sorriso sulle labbra aiutano altre donne a guarire».

Lo studio Cremit

Da ottobre a dicembre 2022 sono stati raccolti oltre 400 questionari (i cui rispondenti sono per il 68% pazienti, per il 23% testimonial e per il 9% caregiver). L’evidenza principale emersa è che “Sorrisi in Rosa” è in grado di accompagnare le donne che diventano testimoni dalla diagnosi alla conclusione delle cure attive.

Dalla ricerca curata da Cremit con la supervisione della coordinatrice Simona Ferrari, docente di Didattica generale in Università Cattolica, si evince che le donne hanno definito l’esperienza della malattia e della cura vissute con tre parole: forza, coraggio e positività.

In particolare, le forme narrative più apprezzate dalle pazienti sono le fotografie (26% e il sito (12,5%). Inoltre, la maggior parte delle donne ha dichiarato che queste forme narrative hanno dato loro fiducia (4,57 su un punteggio di 6), che è possibile riuscire a superare tutto (4,49 su 6), che si sono sentite meno sole (4,43 su 6), che hanno sentito di avere speranza (4,47 su 6).

Il senso di questo progetto

Le testimonial del progetto che si sono raccontate l’hanno fatto, dando un senso alla malattia, per incoraggiare le donne a partecipare allo screening (23%), per far vedere che è possibile riuscire a superare la malattia (17%), per contribuire alle azioni di prevenzione (17%) o per portare il proprio punto di vista sull’esperienza di cura (10%). Per queste donne raccontare la propria storia è stato un modo per far emergere le emozioni (4,46 su 6), elaborare le emozioni (4,41 su 6) o condividere i ricordi (4,26 su 6).

«La richiesta di Humanitas di valutare il progetto “Sorrisi in rosa”, è stata un’occasione per misurare l’impatto della narrazione e i suoi linguaggi durante il percorso di accompagnamento delle donne in cura o in screening del tumore al seno - ha dichiarato Simona Ferrari, coordinatrice della ricerca -. In un momento di crisi in cui l’imprevisto porta nella vita di una donna, fragilità e impotenza, la narrazione entra in scena come un elemento in grado di aiutare l’individuo a definirsi come soggettività dotata di scopi e intenzionalità, di organizzare l’esperienza, rielaborarla e modificarla e di condividerla. Grazie a un approccio centrato sulla paziente le donne riescono a raccontare, dando così un senso alla malattia, e ad incoraggiare e sostenere gli altri mettendo a disposizione la propria storia».

«Con la diagnosi di tumore molti aspetti della vita possono cambiare: dalla percezione del proprio corpo al rapporto con i familiari fino all’impatto psicologico. Raccontare e dare valore alle personali storie di queste donne e al proprio vissuto di cura vuol dire lanciare un messaggio di speranza. Oltre alle storie di Delia e Verry, a Castellanza, questo messaggio arriva direttamente alle pazienti durante il counselling preoperatorio, tenuto dagli specialisti della Breast Unit e Monica, la nostra caposala che è anche una dei volti di Sorrisi in Rosa. Siamo dunque felici che lo studio condotto da Humanitas e Università Cattolica permetta di oggettivizzare la potenza e l’impatto di questo progetto sui percorsi di cura e prevenzione. Basti pensare a come Sorrisi in Rosa, la mostra diffusa, la testimonianza di oltre 100 donne e le nostre iniziative di prevenzione ci permettono anche di ricordare quanto sia importante la diagnosi precoce per battere sul tempo il tumore al seno», conclude il dott. Claudio Andreoli, coordinatore della Breast Unit di Humanitas Mater Domini.

La ricerca di carattere sociale e media-educativa si affianca ai progetti scientifici in corso in Humanitas per migliorare diagnosi, terapia medica e chirurgia in Oncologia senologica.

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